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lunedì 7 luglio 2014

Le donne si possono uccidere


I bambini, eh, i bambini no, non si toccano.  Quante cose si imparano leggendo i commenti agli articoli sul femminicidio.  E quante cose si imparano leggendo gli articoli sul femminicidio, cosa ancora più grave.
Nei commenti, le donne uccise da ex fidanzati, compagni, amanti o mariti si trasformano magicamente ed istantaneamente in ex mogli e quindi mefistofeliche megere, a prescindere dal loro status effettivo. Non c’è più femminicidio che non sia strumentalizzato da commentatori del movimento maschile per fare pressione per l’approvazione dell’affido condiviso forzato. Spariscono le fidanzate, spariscono le amanti, spariscono conviventi, donne corteggiate, mamme, nonne, sorelle e vicine di casa. Ogni donna uccisa viene descritta come ex moglie. Perché?  Ma come perché? Non lo sapete che oggi “ex moglie” è un altro dei nomi di Satana?  Ogni donna uccisa faceva sicuramente parte di quella informe massa di sfruttatrici di poveri padri separati, verosimilmente era anche fedifraga, immonda e perfida zoccola, insomma, se lo è certamente meritato.  Ogni povero assassino è stato costretto, capite, per legittima difesa, per riacquistare la libertà dai vincoli o talvolta per prendersi un simpatico premio assicurativo e farsi, magari, quella meritata vacanza in Thailandia o Brasile che tanto sognava. Ci piange il cuore nell’immaginare la sua mano levata per armare la pistola o raccogliere il coltello o portarselo da casa o procurarsi una balestra o portarsi dietro benzina e fiammiferi, eccetera,  comunque innocente e succube di una forza misteriosa  quanto giusta ed ineluttabile chiamata “rabbia” (o proprio al limite “gelosia”, per farci una concessione, perché in realtà, sapete, alcuni commentatori pensano che le vittime ai loro assassini facessero così schifo che non si potesse parlare di gelosia, figuriamoci un po’ di possesso).  Eh bisognerebbe proprio arrestare quelle due disgraziate che sono Rabbia e Gelosia. Non per niente sono termini al femminile e ciò che è femmina è diabolico e malvagio, si sa.  Pertanto, le giustificazioni vengono meno solo davanti ai bambini. I bambini no: “I bambini non si toccano”. I bambini.  Maschi. Quelle altre lì, quelle cose coi codini e gli abitini rosa, perdono ogni status di difendibilità a partire dalla prima mestruazione. Talvolta anche prima.
In Italia il valore di una vita si misura con il suo grado di esposizione alla sessualità. Più sei giovane e meno ne sai di sesso e quindi sei più puro e meno meritevole di morte. Il contatto sessuale, invece, contamina. Naturalmente contamina solo le femmine. Se hai 4 anni, sei stuprata e uccisa, il tuo assassino è un indiscutibile mostro. Se sei stata stuprata e uccisa a 13 anni, probabilmente lo hai provocato perché “le ragazzine di oggi”… Se hai più di 18 anni si parla di te come di una navigatissima nave scuola il cui valore di mercato e umano si approssima allo zero con l’aumentare dei tuoi partners sessuali.  Aumenta l’esperienza sessuale di una ragazza e diminuisce il valore della sua esistenza e la pietas relativa. Se hai sopra i 30 anni e ad ucciderti è stato tuo marito, eri sicuramente una Santippe, una scassaminchia col patentino. Sicuramente non eri solo una zoccola ma pure sulla via del disfacimento fisico. Poverino, lui ti doveva pure scopare, con tutta la carne fresca che si vedeva attorno. E allora un pover’uomo si vede intrappolato ed è COSTRETTO a macellarti. L’atto gli porta un discreto numero di fans adoranti. Diventa quasi una rockstar, un idolo delle folle, tra giornalisti ipocriti e malcelatamente misogini e attivisti dei diritti del maschio selvatico.
Questa è la deriva che, se risalita, porta a considerare feto ed embrione il non plus ultra dell’innocenza e quindi del merito alla vita e le loro ospitanti, quei contenitori che se li portano in giro, come solo fameliche e sporche zoccole che facevano meglio a tenere le cosce chiuse.
Non è cambiato molto dai tempi in cui una vergine stuprata valeva un risarcimento al padre (con il matrimonio riparatore) e una donna non vergine se stuprata poteva essere assassinata assieme al suo stupratore: le donne si valutano ancora in base al loro valore commerciale il cui imene è sigillo di garanzia e non in base alla loro natura umana.

Questo il tono dei commenti all’ultima, per ora tentata, strage.

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Riassumendo, ogni diritto della donna in quanto essere umano viene descritto come un indebito privilegio ed un sopruso verso il genere maschile. Le tutele per il coniuge economicamente debole, che si corrispondono in una minoranza dei casi, che equivalgono a poche centinaia di euro, vengono spacciate per un fantomatico grasso ricatto che farebbe nuotare le ex mogli nell’oro. La cosa grave è che ci sono persone che credono davvero a queste assurde, colossali disinformazioni e non si documentano.

Come riportato dall’Istat: “ Nelle cause di separazione vengono stabiliti dal giudice i provvedimenti di natura economica a favore sia del coniuge ritenuto economicamente più debole sia dei figli: questi due contributi (comunemente detti assegno di mantenimento) sono tra loro indipendenti e cumulabili. L’assegno di mantenimento viene previsto nel 20,6% delle separazioni e nel 98% dei casi spetta al marito corrisponderlo mensilmente. L’importo medio dell’assegno di mantenimento è più alto al Nord (520,4 euro) rispetto al resto del Paese (447,4 euro), ma il numero degli assegni è molto più elevato al Sud rispetto al Nord. “   quindi si parla di mantenimento del coniuge solo nel 20,6% dei casi, un quinto dei casi, e di una media sotto i 500 euro. Una cifra con la quale sfido chiunque a darsi alla bella vita.
Il 98% dei mariti è una percentuale certamente sbilanciata ma ciò è dovuto al fatto che la disoccupazione femminile è superiore a quella maschile e che il lavoro delle donne è inferiormente retribuito, quindi trovare una donna che guadagni più del marito al punto da vedersi assegnare il dovere del mantenimento è un evento tanto raro da riguardare solo il 2% dei casi. Non è un privilegio, è uno svantaggio. Significa che le donne in questa nazione non sono in grado di provvedere a se stesse, sono incluse nel mercato del lavoro solo come lavoratrici a basso costo e non possono permettersi di diventare madri senza perdere il lavoro, per quel famigerato fenomeno chiamato “dimissioni in bianco”.

Queste cose le abbiamo già spiegate decine di volte ma le smentite e la verità hanno stranamente gambe molto più corte e deboli delle menzogne misogine. Così pure l’affido condiviso è ormai la prassi nel 90% dei casi, talvolta comprendendo anche i casi di violenza domestica denunciata e persino condannata almeno in primo grado.

Allego qui anche un documento per calcolare l’importo dell’assegno. Conviene perdere qualche minuto per fare due conti e concludere che un falso problema è stato montato e nutrito ad arte ed usato per assolvere, almeno moralmente, degli assassini e distorcere i fatti, a gravissimo detrimento delle donne italiane.

Non esiste alcuna nazione “più civile” che veda l’assenza del mantenimento. La tutela del coniuge meno abbiente non è un privilegio ma uno stratagemma dello Stato per evitare di ritrovarsi addosso una massa di donne e bambini senza casa e senza denaro. Sopperisce il ruolo dell’antica “dote”, che fungeva da assicurazione per la donna che veniva ripudiata e poteva tornare in possesso del denaro paterno col quale sopravvivere. E non è un supporto eterno. Viene a cessare se e quando la donna trova lavoro.
Le uniche nazioni mondiali in cui il tasso di femminicidi è più basso sono quelle islamiche, che notoriamente non hanno una legislazione egualitaria, di rado consentono un vero e proprio divorzio e quando lo consentono equivale ad una sorta di ripudio “soft” dove l’ex marito ha un diritto indiscutibile su beni e figli. Non possiamo neppure essere certi del numero di femminicidi in determinate nazioni islamiche a causa della violenza sommersa e della mancanza di diritti e di informazione, quindi sostenere che vi si uccidano meno donne grazie all’assenza del mantenimento è una corbelleria, per usare un eufemismo.

Negli altri commenti si ripropone il ruolo della donna come di un ammortizzatore, non solo economico ma anche della violenza maschile. È proprio una donna a suggerire che gli assassini si sfoghino sulle prostitute, come se fossero ancora meno umane delle ex mogli e quindi di valore inferiore. Nello stesso commento la signora in questione si immedesima anche nella madre del violento, ribadendo il cliché della responsabilità materna sull’educazione dei figli maschi e sollevando di nuovo i padri dalle responsabilità.

Il resto è un coro di “i bambini no”. Un coro che continuava in altri commenti che non ho shottato e questa non è una selezione di vari articoli ma una collezione presa dallo stesso articolo sullo stesso sito che non voglio menzionare né linkare solo per eccesso di tutela della privacy altrui.

Per carità, sono d’accordissimo: è spietato ed inumano uccidere un figlio ma non faccio distinzioni sulla sua età, sul suo sesso, sulla sua moralità e non è normale né accettabile fare una classifica di gravità dell’omicidio dove le donne siano vittime tollerabili.

Ma ancora più grave è che questi concetti siano espressi più elegantemente da un giornalista su un quotidiano come Repubblica. Lo shot che segue è preso in prestito da una utente che se vuole essere citata e ringraziata può scrivermi (intanto io la ringrazio comunque).

repubblica articolo

Questo articolo sta comunicando a tutti gli uomini d’Italia che amore e assassinio sono la stessa cosa. Che amore e possesso sono la stessa cosa. Che uccidere per l’impossibilità di tollerare che un altro uomo un giorno entri nella vita di un figlio al quale tu hai comunque accesso, che mai ti sostituirà come padre, è un gesto di amore.
Questo articolo dice che uscire di casa armati con coltello, fionda, binocolo e pistola carica, con l’intenzione di tagliare il futuro ad una ragazza e ad un bambino è amore.
Questo articolo dice che anche se puoi vedere il tuo bambino tutte le volte che vuoi tu e nessuno te ne sta privando, sei autorizzato a “rompere il giocattolo” per essere sicuro che non ci sia nemmeno una lontana probabilità che un altro lo utilizzi al posto tuo.
Questo articolo dice agli uomini italiani che saranno compresi e perdonati quando uccideranno una ex ed i loro figli, saranno definiti “padri modello”, infangando anche il buon nome dei padri modello che non hanno mai torto un capello a nessuno.
Questo articolo mette a rischio tutte le altre donne della nazione il cui ex compagno stia adesso tentando di elaborare il fallimento del progetto familiare e Repubblica lo consente.

Ma allora che stiamo perdendo tempo a fare? Perché non chiedere una depenalizzazione del femminicidio, anzi, no, dell’omicidio delle megere (visto che il femminicidio non esiste, secondo lo stesso genere di commentatori)? Si stava così bene quando c’era il delitto d’onore che oggi quei tempi sono rimpianti da tutte le direzioni.  Alcuni dei commenti peggiori sono scritti da donne, quindi c’è un consenso femminile al femminicidio, finalmente. Quando ci sbrighiamo a metterlo in regola?

Trovandoci in prossimità di riforme costituzionali, allora, la mia proposta è di ritoccare quel maledetto art. 3 che garantisce l’uguaglianza, anche quella di genere. Che disastro che è stato quel maledetto articolo!
Abroghiamolo, oppure ristrutturiamolo!

art3

Propongo di aggiungere “ maschi eterosessuali” a tutti i cittadini e di cancellare “senza distinzione di sesso” oppure di sostituirvi “ senza distinzione di dimensioni del sesso”.  Al punto che recita: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli” aggiungerei un “non” davanti a “rimuovere” oppure la sostituzione del verbo “conservare” a “rimuovere”.

Il risultato sarebbe all’incirca questo:
“ Tutti i cittadini maschi eterosessuali hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di dimensione del sesso,  senza distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche (fatta eccezione per le opinioni anticapitaliste), di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica conservare gli ostacoli di ordine economico e sociale e che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, blah blah…”

Ci aggiungerei anche una specifica del tipo: “ La Repubblica è tenuta a garantire l’inferiorità delle cittadine di sesso femminile e di tutti i cittadini esclusi dal genere maschile eterosessuale” e via,  ci vuole un po’ di lavoro ma finalmente abbiamo la società civile unita e concorde, faremo in un lampo, cosa aspettiamo? Ma perché pensare in piccolo? Pensiamo in grande!  Per esempio l’istituzione di un titolo di merito per gli assassini di donne, specialmente di ex mogli. L’iscrizione in un albo speciale, un premio in denaro e una dotazione di corpi femminili vivi (o morti, a seconda delle preferenze soggettive, uno poi lo specifica nell’apposito modulo di autocertificazione) per consolare gli assassini (quelli che hanno scelto di non suicidarsi) dello spavento che si sono presi nel vedere tutto quel sangue, nel tagliarsi accidentalmente, o per l’esplosione dei colpi dalle armi da fuoco.

Edit.
Dimenticavo Pannella. Che c’entrerà mai il commento su Pannella? Pannella è visto come il patriarca che ci ha concesso il divorzio. Un referendum  popolare non conta per chi vive di nostalgie di maschilismi passati e se non si tiene conto di un referendum perché si dovrebbe mai rendere conto del fatto che questa vicenda non riguarda un divorzio ma una relazione sentimentale chiusa prima di arrivare al matrimonio?

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