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lunedì 19 marzo 2012

Se non la dai sei una violenta! La percezione della violenza secondo alcuni.

Molto carinamente, nella Giornata Internazionale della Donna, lo scorso 8 Marzo, l’Adnkronos ci ha consegnato un regalo per onorare 101 anni di celebrazioni delle battaglie per la parità e per la liberazione della donna dal ruolo subalterno nel quale si trova da millenni: una ricerca della Gesef sui dati della violenza femminile contro gli uomini.






Per noi è una vignetta, per altri è una violenza.



Donne che odiano gli uomini: 50mila maschi maltrattati ogni anno

Una scena di 'Misery non deve morire' Una scena di 'Misery non deve morire'

ultimo aggiornamento: 08 marzo, ore 17:58

Roma, 8 mar. (Adnkronos) - Donne che odiano gli uomini. Una realtà spesso sconosciuta, quella dei maltrattamenti, psicologici, fisici e sessuali che ogni anno circa 50mila uomini italiani subiscono per mano di mogli o compagne, soprattutto in fase pre o post separazione e quando ci sono di mezzo i figli.
A stimare all'Adnkronos le cifre del fenomeno è Vincenzo Spavone, presidente dell'Associazione Genitori separati dai figli (Gesef). Un dato che fa ancora più 'effetto' in occasione della giornata della donna che si celebra oggi. Come risulta da un'indagine condotta dall'associazione, monitorando circa 27mila uomini-padri, separati o separandi che si sono rivolti allo sportello di ascolto Gesef, "il fenomeno della violenza sugli uomini è tutt'altro che marginale", anche se "gli episodi di lieve e media gravità - emerge dalla ricerca - non vengono percepiti dai soggetti come reato: pertanto non vengono mai denunciati, e solo raramente rivelati ad amici o familiari. Soprattutto perchè fra gli uomini prevale un sentimento di vergogna e umiliazione, nonché il dubbio di non essere creduti".

Per questo solo il 5% degli episodi di maggiore gravità viene denunciato alla autorità pubblica, in particolare nella fase di crisi della coppia o dopo la separazione. Denunce spesso ritirate per arginare la conflittualità della controparte o che finiscono nel calderone del giudizio di separazione. Fra gli episodi di maltrattamenti fisici riferiti dagli uomini, si va dagli spintoni e strattonamenti (subiti dal 93% degli uomini durante la convivenza e dal 34% dopo la separazione), a schiaffi, pugni e calci (subiti dal 56% durante la convivenza e dal 23% post separazione), fino al tentativo di soffocamento, ustione, avvelenamento, lesione ai genitali o investimento con l'auto (subiti dal 20% degli uomini) o alle ferite con corpo contundente, coltello o forbici che hanno richiesto l'intervento sanitario (15%).

Ma la violenza psicologica - secondo il presidente del Gesef - è la più 'pesante' da sopportare per gli uomini. Una violenza che, durante la convivenza "viene percepita dalla maggior parte dei soggetti - emerge dallo studio - come lesiva della dignità personale e del ruolo familiare. Mentre dopo la separazione, la violenza subita è identificata principalmente come stato di perenne tensione vendicativa/distruttiva, ovvero uno strumento per corrodere la propria relazione con i figli". E anche "il 'mobbing giudiziario' diventa una strategia di 'bombardamento per procura'. In questi casi, gli uomini arrivano spesso a sviluppare stati di profonda angoscia, arrivando a non aprire più la cassetta della posta o a non rispondere al campanello nel timore di vedersi recapitare ulteriori ingiunzioni". Fra le violenze psicologiche, al primo posto figurano 'le azioni o minacce di azioni finalizzate a togliere i figli' riferite da ben l'89% degli uomini-padri, dopo la separazione. La stessa percentuale denuncia diffamazioni, ingiurie, umiliazioni e offese; seguite (con l'87%) da critiche e denigrazione sistematica sulle capacità genitoriali e l'educazione dei figli. Ma non mancano episodi di stalking, sia durante la convivenza (23%) che dopo la separazione (42%), e minacce di suicidio o di far male ai figli.

E ancora: violenza sessuale, un fenomeno fra i più sconosciuti alle cronache, ma che riguarda "tutti quei processi o episodi che producono effetti devastanti sulla personalità e nell’ambito psico-fisico dell’uomo vittima, equiparabili e talora superiori a quelli dello stupro subito dalla donna", spiega la ricerca. Si va dal rifiuto sistematico e prolungato del rapporto sessuale da parte della donna, riferito dal 68% degli uomini, ai casi in cui le donne denunciano strumentalmente di aver subito molestia o violenza o denunciano abusi sessuali sui figli (con percentuali del 33%). Infine: la violenza economica. Durante la convivenza, in oltre 1/3 dei casi si verifica una resistenza della partner lavoratrice retribuita alla condivisione delle spese per la casa e il mantenimento dei figli, che incidono perlopiù sul reddito del soggetto vittima. Percentuale che dopo la separazione aumenta al 79%. Fra gli altri comportamenti: la sottrazione di fondi bancari cointestati (denunciata nel 60% dei casi durante la convivenza) o di beni e oggetti di comune proprietà (67%), fino al ricatto economico, ovvero la possibilità di frequentare i figli in cambio di una somma più consistente di denaro per il loro mantenimento.

Donne che odiano gli uomini: 50mila maschi maltrattati ogni anno - Adnkronos Cronaca

Prima di tutto, complimenti alla scelta della foto a corredo dell’articolo. Si poteva scegliere la foto di un’assassina italiana presa alla cronaca nera piuttosto che un personaggio partorito dalla fantasia di uno scrittore horror. Avrebbe avuto una maggiore efficacia senza risultare caricaturale.

Come mai la scelta dell’8 Marzo per parlare di violenza femminile sugli uomini?
Sembrerebbe una scelta strategica, una piccola ritorsione verso il vittimismo di cui siamo accusate, perché che la violenza esista, non v’è dubbio . Che il primo autore di violenza sull’uomo sia l’uomo stesso, non v’è dubbio alcuno eppure non si sente la necessità di parlarne.
Si sente, invece, la necessità di parlare di violenza femminile sugli uomini generando una casistica tale da far concorrenza a decennali e puntuali statistiche internazionali sulla violenza di genere contro le donne.
Chi se la sentirebbe mai di negare la violenza femminile anche sugli uomini? Non noi. Non ci crediamo creature ultraterrene, incapaci di avere scatti d’ira o personalità disturbate.
Farei, però, notare che certe ricerche andrebbero fatte su campioni statistici casuali.
Se apro uno sportello contro la violenza sugli uomini, mi si presenteranno coloro che subiscono, hanno subito o ritengono di subire o di aver subito violenza. Posso darne le cifre ma non ricostruire una percentuale sul totale della popolazione.
Insomma, da parte di un’associazione che ha ampiamente criticato le statistiche ISTAT sulla violenza sulle donne ci aspettiamo il rigore che si predica al prossimo, quindi almeno una nota metodologica chiara con un campione scelto a caso.
Partire da un campione di 27mila uomini per ricostruire una percentuale di 50mila vittime deve prevedere un percorso visionabile.

Interessante che le denunce maschili in sede di separazione siano “spesso ritirate per arginare la conflittualità della controparte o che finiscono nel calderone del giudizio di separazione” mentre le stesse denunce fatte dalle donne diventano “mobbing giudiziario”.
La Gesef, se non erro, dovrebbe occuparsi indifferentemente di genitori separati, quindi di ex padri ed ex madri. Come mai nel loro sito si soffermano ampiamente sulle false accuse, sulle denunce considerate pretestuose e armi rivolte contro gli ex mariti se fatte dalle ex mogli ma non si contempla neppure vagamente la possibilità che anche gli uomini utilizzino l’arma della ritorsione giudiziaria?
Non è chiaro. Si tenta di dividere equamente la violenza tra uomini e donne (nonostante in Italia muoiano ogni anno circa 130 donne per mano maschile e non vi sia analogo fenomeno di pari entità per mano femminile sugli uomini), però nello stesso comunicato stampa dell’associazione (il comunicato contro la “violenza femminista”) si fa menzione di statistiche europee che collocherebbero la percentuale di violenza femminile intorno al 10%, cioè la stessa percentuale rilevata in qualsiasi altra statistica.

Ma adesso arriviamo al fenomeno più trascurato della storia dell’umanità: l’analisi della “violenza sessuale femminile sugli uomini”, una espressione che già di per sé fa alzare più di un sopracciglio.
Detta violenza ”riguarda "tutti quei processi o episodi che producono effetti devastanti sulla personalità e nell’ambito psico-fisico dell’uomo vittima, equiparabili e talora superiori a quelli dello stupro subito dalla donna.” Equiparabili o addirittura superiori allo stupro subito dalla donna!
E in cosa si circostanzia la violenza sessuale della donna sull’uomo? “Si va dal rifiuto sistematico e prolungato del rapporto sessuale da parte della donna, riferito dal 68% degli uomini[…]” quindi, rifiutare il coito sarebbe una violenza sessuale sull’uomo per ben il 68% degli uomini del campione intervistato!
Rifiutare il sesso al proprio compagno (oppure agli uomini in generale? Perché a questo punto comincio a chiedermi se non concedersi a chiunque si proponga sia ugualmente una forma di violenza sull’uomo) è, quindi, un atto di violenza equiparabile se non addirittura superiore allo stupro subito da una donna?
Ma la violenza sessuale sarebbe, per definizione, la coercizione all’atto sessuale, non la mancata accettazione dello stesso.
Il rifiuto dell’atto sessuale dovrebbe essere un diritto per tutti, donne ed uomini, e mai alcuna statistica sulla violenza maschile aveva osato additare il rifiuto del sesso come un atto di violenza sulla donna, non che mi risulti ma se mi sbaglio mi correggerete.

Poi nel novero delle violenze sessuali ( e non giudiziarie, come ci parrebbe più logico classificarle, eventualmente) ci sarebbero le denunce strumentali di violenze sessuali e di molestie sulla prole.  Quindi notiamo una ripetizione, un continuo ritorno del concetto della “falsa accusa”, riproposta in più punti della ricerca ma ogni volta come sottospecie differente di forma di violenza sull’uomo.
Ma chi è che stabilisce quando le denunce sono strumentali e senza fondamento? Le questure riferiscono di numerosissimi casi di donne che si recano a denunciare vocalmente le violenze subite ma che spesso ritirano le querele o preferiscono non querelare anche per paura delle conseguenze, talvolta per la speranza di ricucire rapporti disastrosi.
Lo stesso dicasi per le denunce di molestie sui figli. Servono anni per accertare la veridicità di una denuncia, servono indagini e spesso serve un processo.
Il rifiuto del Pubblico Ministero di avviare la richiesta di rinvio a giudizio non è una sentenza vera e propria. Talvolta è solo la valutazione di una denuncia inconsistente o mal formulata o che potrebbe essere risolta lungo strade meno impegnative di quelle giudiziarie.
Difatti non esistono assolutamente statistiche sulle false denunce ma solo opinioni espresse su un insieme di dati sommari.
Suona come una palese incoerenza che per lo Stato italiano si sia innocenti, se accusati, fino all’ultimo grado di giudizio ma si sia già colpevoli nel caso in cui si sia donna e si presenti una denuncia contro un ex marito.
Sono bravissimi gli antifemministi a mettere le donne in un vicolo cieco:
se rifiutare il rapporto sessuale ad un compagno è una forma di violenza sessuale sullo stesso (insultando, così, le vittime di stupro ma vabbé, sono abituate, no?) e se denunciare l’abuso sessuale contro il proprio compagno che ci costringe a pratiche indesiderate è sempre violenza sull’uomo, se ne ricava che qualsiasi cosa facciamo è violenza sull’uomo.
Ma i tempi del “dovere coniugale” sono passati da molto. La volontà dell’individuo va rispettata, non può essere sorpassata da un’idea medievale di possesso del corpo del coniuge. Non lo auspichiamo in nessuna delle due direzioni.
La violenza sull’uomo esiste certamente ma confonderla con il diritto di ribellione ad un potere  unilaterale, peraltro non sostenuto da alcuna legge, è sicuramente controproducente anche per la causa maschile.

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