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giovedì 16 febbraio 2012

Chi di giustificazione ferisce di giustificazione perisce!

Uomo-soloSi dice che per capire l’altro si dovrebbe vivere nei suoi panni, indossare la sua pelle. Personalmente, sono una femminista e proprio perché femminista credo nel livellamento delle distanze tra i generi, nell’assenza del predominio di un genere sull’altro.
Non augurerei mai agli uomini l’inversione delle parti con il genere femminile. Eppure talvolta accade ed ogni volta che è accaduto credo di aver avvertito l’evento con la medesima sensibilità che riservo agli episodi di discriminazione e violenza sulle donne.
Lo stupro non è, come si crede, un atto prettamente sessuale. Di rado lo stupro ha a che fare con l’eccitazione erotica. Lo stupro è un atto di dominio, una violenza fine a se stessa ma perpetrata alla parte più nascosta, più privata ed intima del corpo. Lo stupro assomiglia ad un atavico e deviato segnale di ridefinizione dei ruoli in un branco. Lo stuprato è il sottomesso. Lo stupro serve ad umiliarlo ed a ricondurlo nel ruolo di dominato. Ovviamente, secondo un’ottica bestiale ormai marginale ed emarginata dall’evoluzione umana in esseri pensanti e civilizzati.


Tutti noi sappiamo che il dominante di oggi è l’individuo che detiene il potere economico, politico o il potere della conoscenza, della dialettica. Lo stupro, quindi, è spesso la riaffermazione violenta di un individuo che sa di non avere altro mezzo che la forza bruta per sentirsi, in qualche modo, superiore.
Ecco perché lo stupro sulle donne è un concetto quasi reso ovvio nel pensiero sociale, un concetto ormai assorbito fino alla follia dello stupro etnico, che in periodi di guerra diviene la deforme normalità.
Non c’è episodio di stupro che non sia accompagnato dalle vecchie polemiche sulle presunte provocazioni. Insinuare il concetto della provocazione diventa un evento quasi proiettivo: talvolta si immagina la provocazione perché sottilmente vorremmo sentirci autorizzati alla violenza, esentati dalla fatica di dover essere evoluti.
L’attenuante della provocazione in uno stupro su una donna (o su un bambino) ha assunto connotati culturali ma oggi possiamo assistere ad un momentaneo capovolgimento dei ruoli.
I commenti
a questo articolo sono illuminanti. Per una volta si assiste alla colpevolizzazione del violentato e il violentato è di sesso maschile. Certo, non lo si potrà accusare di avere indossato una minigonna o una scollatura, in questo caso, ma molti commentatori esprimono gli stessi odiosi giudizi che spesso vengono espressi per una violenza su di una donna.
La nostra condanna è assolutamente la stessa. Una violenza è una violenza. Nessuno cerca o provoca o merita una violenza, che sia donna, che sia uomo, che sia un infante, che sia un animale. Nessuno. Certi commenti sono indigeribili esattamente come lo sarebbero se la vittima fosse stata di sesso femminile.
Potrebbe essere uno spunto di riflessione al maschile, proprio per quei soggetti che in passato si sono ritrovati a giustificare un violentatore ed incolpare una donna per la provocazione.
Insomma, non è una sensazione piacevole leggere simili frasi, no?
E lo stupro tutto al maschile non è certo una novità.
Una ventina di anni fa esisteva la
tremenda piaga nel nonnismo nelle forze armate, che oggi, per fortuna, è andata scemando, o forse è solamente nascosta meglio, come qualsiasi vergogna di stampo fascista e maschilista che si rispetti. Eppure, proprio partendo dal concetto di stupro come sottomissione della vittima, le violenze erano quotidiane ma taciute come un segreto scandaloso ed hanno segnato la psiche di moltissimi uomini che in passato sono stati sottoposti al famigerato servizio militare.
Se le donne sono portate a non denunciare uno stupro per vergogna, per paura delle conseguenze, per paura di processi che sono dei veri e propri pestaggi, gli uomini non denunciano lo stupro subito da altri uomini praticamente mai.
La vergogna è tale che tendono a rimuoverlo persino alle proprie coscienze e proprio perché si ritiene un trattamento “riservato alle donne”, quindi doppiamente umiliante.
Ma la parte certamente più sessista ed odiosa dello stupro tra uomini è lo sbeffeggiamento che lo accompagna,
l’intenzione di sminuire lo stuprato “degradandolo” al ruolo di “signorina”, di donna e qui torniamo alla solita vecchia distanza culturale tra i generi, quella che vorremmo annullare.
Ma mai e poi mai vorremmo invertire le parti e ci sarebbe da approfittare di questa momentanea sensazione per imparare cosa significhi essere accusati di “essersela cercata”.


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