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mercoledì 12 gennaio 2011

Cari bambini, se non avete una telecamera siete senza speranza

Proseguiamo nell’analisi dei pericolosi contenuti delle pagine che dietro il titolo “no alla violenza sulle donne” nascondono in maniera poco velata l’intento di minare le campagne contro la violenza sulle donne e sui bambini.

C’è da sgranare gli occhi per questo commento:

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Sarà perché la pagina appoggia apertamente le campagne dei falsabusisti, ovvero di coloro i quali sostengono che la stragrande maggioranza delle denunce per pedofilia o per violenza sulle donne sia falsa ma non ci stupiamo troppo di chi commenta quanto di chi legge e non resta sconcertato da certi contenuti.

Quindi una bambina che, dopo 5 anni di abusi, raggiunge la maturità ed il coraggio necessari per filmare il suo aguzzino, è un esempio di vero caso di pedofilia e tutti quei bambini che, proprio in quanto bambini, non sono in grado di produrre prove tanto schiaccianti? Tutti i bambini abusati in età troppo tenere anche per poter esprimersi correttamente e che, nonostante tutto, hanno fornito descrizioni e particolari che non possono essere a conoscenza di chi non ha visto da vicino o subito determinate pratiche sessuali? Tutti i bambini abusati che non sono in grado di azionare un cellulare o che non possiedono un cellulare? Tutti i bambini che, semplicemente, non vengono creduti da utilizza, per esempio, false sindromi come la PAS per ritorcere le accuse contro le loro madri?

Bè, visto che c’è chi si dedica allo smontaggio sistematico di ogni prova reale possibile che i bambini possano fornire, compreso arrossamenti e lacerazioni delle parti intime, visto che c’è chi si occupa di difesa degli accusati per pedofilia e non certo di difesa del bambino, evidentemente per tutti gli altri bambini incapaci di filmare i loro aguzzini in azione non c’è speranza.

Riproponiamo un articolo di Vania Lucia Gaito a proposito del nuovo fenomeno del “falsabusismo”, e speriamo che sempre più persone riescano ad indignarsi per certe affermazioni.

http://www.bispensiero.it/index.php?option=com_content&view=article&id=825:le-statistiche-del-delirio&catid=63&Itemid=582

Buona lettura!

Il “coraggio” della costante mistificazione

 

Ci provoca sempre una grande ilarità la lettura del materiale pubblicato dall’amministratore della solita pagino falsamente antiviolenza, realmente usata nel vano tentativo di sobillare ignari lettori contro le singole femministe, peccato che certe colpevoli mistificazioni possano essere viste proprio come violenza.

La sete di vendetta contro la blogger Walai, rea di avere additato quella pagina come mezzo di disinformazione di massa, porta l’amministratore a farne un’altra delle sue: pubblica un’immagine e suggerisce una sua interpretazione assolutamente scorretta e ridicola.

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Ah, quindi per l’amministratore questa sarebbe una donna che usa violenza su un uomo e non una donna in kimono da arti marziali che sta esercitandosi in una mossa di judo allo scopo di difendere se stessa da un’aggressione.

Adesso l’autodifesa per questi “coraggiosi” sterminatori di femministe sarebbe una forma di violenza?

Non possiamo più neppure difenderci, signore, lo avevamo capito.

Il trionfo dell’intimidazione

 

Una lettera scritta dalla blogger Walai a proposito del fenomeno delle false pagine contro la violenza sulle donne e della campagna di persecuzione di uomini e donne che si occupano di antipedofilia e della tematica femminile era riuscita a trovare posto su Giornalettismo.com. Il fenomeno era spiegato in breve e non vi era alcun nome elencato a corredo delle accuse generiche elencate da Walai. Sottolineando il fatto che la blogger non ha assolutamente rivelato nulla di nuovo e sconvolgente per chi bazzica un po’ il social network Facebook e che esistono post su vari blog decisamente più espliciti riguardo al fenomeno (quindi, intendo, perché prendersela tanto, visto che Walai è stata piuttosto “morbida” a riguardo?), non ci lascia sconvolte tanto la solita, ovvissima reazione dell’amministratore della pagina- specchietto per allodole, quanto il fatto che il sito ospitante si sia fatto intimidire dalle solite minacce di querele per diffamazione. Incredibile a dirsi, nonostante ormai centinaia di utenti lamentino la presenza di queste pagine misogine, utilizzate per minare le campagne contro la violenza di genere, nonostante non vi fosse il minimo appiglio giuridico, Giornalettismo.com ha rimosso lo scritto.

Ancora una volta il nulla trionfa. L’aria fritta dei capitani delle campagne della misoginia riesce a mistificare la realtà.

Diamo un’occhiata:

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L’arte di diffamare? Cosa ne sa l’amministratore di questa pagina di cosa sia l’arte di diffamare? Lo vedremo più avanti. Su una sola cosa siamo d’accordo: nessuna trollata. Femminismo estremo? E cos’è? Una cosa che vedono solo i movimenti neomaschilisti, quelli che sono nati con la fissa del male bashing, della perdita di potere e che hanno deciso di scendere letteralmente in guerra contro i diritti delle donne. Cos’è il male-bashing, secondo questi individui? Secondo loro, il genere maschile sarebbe sottoposto a diffamazione costante, per cui parlare di violenza sulle donne significherebbe diffamare la totalità del genere maschile in generale, motivo per cui sono contrari alle campagne contro la violenza sulle donne. Beh, noi donne crediamo di sapere meglio di queste persone cosa significhi essere un genere calpestato e non solo moralmente. A noi sembra, quindi, che chi faccia di tutto per creare uno scontro tra i generi siano proprio questi fanatici del maschilismo. Il femminismo estremo non esiste. Esistono le opinioni delle persone, che sono sfaccettate e personali e non andrebbero giudicate o demonizzate, come l’amministratore di questa pagina fa nella speranza di fomentare la caccia alle streghe. Quanto è coraggiosa questa “battaglia” lo vedremo comunque più avanti.

Diamo un’occhiata a qualche commento alla nota, che intanto è stata rimossa. L’amministratore lamenta che sia stata fatta rimuovere da “qualcuno”, vittimizzandosi e colpevolizzando come sempre. Non è la prima volta che note mai segnalate da nessuno sono poi scomparse, seguite da lagnanze su come sia possibile che siano state cancellate e da allusioni su “poteri forti” in grado di operare censura. Noi crediamo che la nota sia stata rimossa dagli admins stessi per nascondere il vergognoso scambio di commenti e che lamentarne la sparizione sia la solita sceneggiata per far credere a chi legge che le femministe siano potenti, oscure, ammanicate con chissà che poteri e pericolose. Magari sbagliamo, chissà…

Bè, se fossimo state noi a chiederne la rimozione non si capirebbe perché ne ripubblicheremmo il contenuto in questo post.

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E adesso qualche commento alla nota di cui sopra:

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Nascondiamo l’identità di colui che è definito dall’amministratore della pagina in questione “Direttore Responsabile” di Giornalettismo.com. Non ci ha autorizzati e  A NOI  non piace violare la privacy della gente.

Rileggiamo qui il solito, classicissimo stile intimidatorio basato sulla minaccia di querela, che non sembra sortire alcun effetto sull’interlocutore che, facciamo notare, continua a fare domande che continuano a non ricevere risposte precise.

L’amministratore sostiene che la lettera abbia indicato che tra i gestori della pagina vi siano soggetti con precedenti penali ma noi sappiamo leggere e nella lettera di Walai non c’è affatto scritto “gli amministratori della pagina Pinco Pallino hanno precedenti penali”, si parla di una “rete diffamatoria” e di padri separati con precedenti penali. A noi risulta con certezza che tra i simpatizzanti attivisti della “rete diffamatoria” ci fosse anche un soggetto attualmente in carcere per pedofilia, con sentenza definitiva, largamente conosciuto a chi frequenta il social network. Può l’amministratore dimostrare legalmente che Walai si riferisse a lui in persona e non all’insieme dei “militanti” che vengono ad importunare le pagine gestite da donne? Crediamo proprio di no.

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Eh sì, il comportamento è incoerente. Per la precisione è, come al solito, allusivo di chissà che cosa. L’amministratore, cioè, spera di far credere che dietro ci sia molto più di quanto sia discernibile all’intelligenza di chi davvero possiede un’intelligenza, per questo parla di “fatti” quando fatti non ce ne sono, per questo sostiene erroneamente che editore e direttore responsabile si macchino di diffamazione se pubblicano una lettera diffamatoria.

Si arriva al ridicolo quando, non potendo motivare la diffamazione come “ad personam”  si carica addosso la diffamazione “ad paginam” dichiarando di sentirsi tutt’uno con la pagina. Trattandosi di un amministratore tuttofare, lo vediamo improvvisarsi anche magistrato ed emettere una sentenza di terzo grado “ad occhio”. Cavolo! Pensare che di solito ci vogliono anni ed anni per terminare un iter processuale!

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Ciò che proprio sembra non entrare in testa a chi scrive dietro questa pagina è che non si ha sempre a che fare con degli sprovveduti, degli ingenuotti impressionabili e quindi chi dirige un quotidiano on line saprà bene quali sono le sue eventuali responsabilità, no? Difatti viene citata la sentenza della Cassazione che smentisce quanto strombazzato minacciosamente.

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Evidentemente, il carico di intimidazioni non deve essere sembrato sufficiente neppure al signore che interviene ADDIRITTURA PRETENDENDO le scuse per dei commenti postati sul sito e rivolgendosi a lui con un tono di una arroganza spaventosa. Forse costui non sa che non può minacciare risarcimenti a prescindere. Prima dovrebbe vincere la causa per l’eventuale diffamazione, poi recarsi in sede civile e dimostrare che c’è stato un danno. La quantificazione finale del danno non è certo una somma che il danneggiato possa sparare lì a piacere per “dare una lezione” a chi lo avrebbe presumibilmente diffamato. L’ultima parola spetta, ovviamente, al magistrato civile.

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Continuano le sottili minacce, continua il tono arrogante e persino paternalista verso l’interlocutore che per razionalità, competenza e lucidità ci sembra, a dire il vero, assai più maturo di chi minaccia risarcimenti danni fantasmagorici. E non per “slinguazzare” il rappresentante di Giornalettismo.com intervenuto in difesa del sito. Ci sembra persino banale sottolineare la differenza di competenza tra i commentatori.

Il tutto si conclude, però, con una affermazione che delude profondamente tutti noi che ci occupiamo delle campagne contro la violenza sulle donne, mentre puerilmente e ridicolmente l’amministratore festeggia con le solite ridicole canzonette che alludono alla vittoria ed altri links deliranti.

Caro Giornalettismo.com, la questione è che non si tratta affatto di una guerra privata. Quando si usa una pagina di quasi 250 mila iscritti (ed altre oltre 300 pagine sono state aperte dagli stessi soggetti) per negare che esista la violenza di genere, per diffamare i centri antiviolenza, per sostenere che chi si occupa di violenza sulle donne abbia secondi fini, per diffondere notizie che fomentino all’odio contro le donne, oltre che per diffamare singole persone usando i loro nomi e cognomi, non è una guerra privata.

Qui non siamo tra bambini che giocano alla guerra, o meglio, non siamo noi attivisti a giocare alla guerra, non siamo noi a pubblicare canzonette per festeggiare ridicole vittorie di Pirro né a lanciare “chiamate alle armi”. Se volete informarvi su chi fomenta questa che per noi è una persecuzione vera e propria, vi consigliamo la lettura dei siti e dei forum dei movimenti neomaschilisti su internet. Lì troverete deliranti inviti LETTERALI alla caccia alle streghe e su questo stesso blog sono state riportate alcune schermate interessanti come dichiarazioni di contrarietà alla violenza sulle donne, eccetto le femministe (certo, le femministe non sono donne e su di esse la violenza non solo si può esercitare ma è persino auspicabile. Dev’essere per questo che l’amministratore di questa pagina conserva con tanta gelosia la presenza del suo commentatore più attivo, tale Eros Intuaidumeda, personaggio che si è reso noto al grande pubblico da solo). Sappiamo di avere a che fare con una redazione composta di persone di grande valore intellettivo, per cui non dobbiamo spiegarvi nulla, potrete leggere tutto con i vostri occhi ed arrivare alle vostre conclusioni. Cosa abbiamo da imbeccare a chi di occupa di debunking anticomplottisti?

Chi mette i pali tra le ruote alle persone che disperatamente ogni giorno tentano di sensibilizzare contro la violenza sulle donne è un problema privato? Chi cerca di boicottare campagne antiviolenza facendole passare indebitamente e subdolamente per “lesive dei diritti dei maschi” è un problema che a Giornalettismo.com non interessa? Chi sta facendo l’impossibile per infangare la campagna contro la violenza sulle donne portata avanti da Amnesty International e da molteplici soggetti politici ed istituzionali è un problema che non riguarda Giornalettismo. com?

Ci dispiace molto leggere ciò perché la nostra stima per il vostro organo d’informazione è stata sempre altissima, come potrete verificare sfogliando questo blog. Molte delle informazioni che ridistribuiamo in giro per destare le coscienze sulla questione femminile mondiale le traiamo dal vostro sito quotidianamente. Quando questa gente sostiene che chi si occupa di campagne contro la violenza sulle donne stia nascostamente cercando di diffamare l’intero genere maschile, dovreste sentirvi chiamati in causa anche voi. Dovreste anche voi sdegnarvi alle vigliacche e ridicole accuse di “misandria” e “nazifemminismo” sostenute da soggetti deliranti che riescono ad accedere ad un numero troppo vasto di lettori per restare indifferenti e considerarle “guerre private”.

I toni sono distruttivi, si parla di “banda”, neanche fossimo delle malfattrici, le femministe sono diffamate costantemente, immagini contro la violenza sono volutamente riportate in maniera distorta e capziosa, insomma, tutta la fatica che centinaia e centinaia di persone fa quotidianamente per gestire centri antiviolenza, consultori, associazioni o anche la fatica di chi si impegna privatamente contro la violenza sulle donne è infangata dall’azione minatoria di queste pagine e per Giornalettismo.com è un problema privato?

Bene, alle solite la violenza sulle donne è un problema privato. Nulla di nuovo sotto il sole italiano.

In quanto al “coraggio” che certi individui sostengono di avere nel portare avanti le loro battaglie contro la vita stessa delle femministe (perché se si battessero solo contro un’ideologia non si capirebbe la necessità di diffamare le persone usando i loro nomi e cognomi, non si capirebbe la necessità di ricorrere persino a minacce contro l’integrità fisica delle stesse!), bè, ci sembra che già questa sola schermata possa dirla lunga.

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Una splendida confessione di reato di chi sta chiaramente utilizzando un’identità fasulla femminile ( una delle varie decine) per ottenere, come spiega, un vantaggio personale.

Certo, conservare schermate, materiale vario e minacciare procedimenti legali può essere sempre utile per impressionare i lettori e far credere loro di essere nel giusto, ma è molto più utile quando nel giusto lo si è per davvero.

 

 

martedì 11 gennaio 2011

Le bufale anti-donna. 5- La passera predatoria e gli alimenti. I miti dell’avaro padre indegno. 2

è davvero un  peccato che non escano agli onori della cronaca più spesso le notizie sulla, pare, vasta pletora di ex mariti che si dichiarano improvvisamente nullatenenti dopo una separazione. Sarebbe interessante fare un po’ i conti in tasca a questa categoria di maschietti, dopo gli anni utilizzati dai maschilisti per usare il mito degli alimenti per creare confusione, diffondere disinformazione ed odio verso le donne.

C’è ancora bisogno di ricordare che ancora oggi il peso delle faccende domestiche e dell’allevamento dei figli grava sulle donne, le quali sono quelle che si laureano di più ma che hanno il maggior tasso di disoccupazione, la maggiore percentuale di precariato, le minori possibilità di carriera e buste paga inferiori ai colleghi maschi?

C’è ancora bisogno di ricordare che nella stragrande maggioranza dei casi una donna è costretta a rinunciare alla propria carriera per potere allevare la prole e gestire la casa comune e che persino l’ultima delle badanti ha diritto a vitto, alloggio, stipendio e trattamento di fine rapporto?

Perché un anello al dito viene visto come un anello al naso?

Ma i maschilisti furboni che diffondono notizie artefatte e odio antifemminista vi dicono mai chi è che paga per tutti gli ex mariti fintamente nullatenenti?

A pagare siamo noi fessacchiotti che rispettiamo le regole e le persone che ci hanno vissuto accanto. Che strano…

Treviso. Non paga la ex ma ha lo yacht
e lo tiene a Jesolo per 1.800 euro al mese

Processo a un imprenditore che non versa l'assegno a moglie
e due figlie. Barca intestata al nipote, ma lui ne sa poco o nulla

(archivio)

TREVISO (11 gennaio) - Possiede uno yacht, per il quale - secondo gli inquirenti - pagherebbe fino a 1.800 euro al mese di ormeggio nel porto di Jesolo, ma risultava nullatenente, senza il becco di un quattrino tanto da non poter versare l’assegno di mantenimento alla moglie e alle due figlie, una delle quali minorenne. È questa, in estrema sintesi, l’accusa della quale deve rispondere l’imprenditore Vincenzo Zanata, 56 anni, di Villorba, che - in base agli accertamenti - gestirebbe una società, in realtà intestata alla madre e ad altri parenti, per la distribuzione di volantini pubblicitari (ma non solo) nel Nordest.
Sempre a quella società riconducibile a Zanata - recita l’accusa - sarebbe intestata una lussuosa abitazione di Jesolo, mentre lo yacht, abitualmente usato dall’imprenditore, risulta di proprietà di un nipote che, sentito dagli inquirenti, avrebbe dichiarato di saperne poco o nulla.
Era andata bene per le prime due-tre denunce dell’ex moglie a Zanata, ma la quarta gli è stata "fatale". Nei primi tre casi la Procura ritenne insussistenti gli elementi di prova e archiviò le querele. Ma l’ex compagna Anna D.P., 45 anni, di Carbonera, non si arrese e decise di chiedere aiuto alla Finanza e a un investigatore privato. A quel punto il "banco è saltato": sono stati infatti gli accertamenti eseguiti dalle Fiamme Gialle, uniti a quelli del detective, a far scattare il nuovo procedimento penale nel quale la Procura ha contestato a Zanata le accuse di mancato pagamento degli alimenti all’ex moglie e alle figlie, ma anche di aver adottato mezzi fraudolenti per farsi passare nullatenente senza esserlo.
Ad assistere "l’imprenditore-nullatenente" è l’avvocato Andrea Zambon che conta di smontare la ricostruzione dell’accusa: «Per ora è stata sentita solo una campana ma nelle prossime udienze - ha concluso il legale - produrremo una serie di testimoni dai quali emergerà con nitidezza che Zanata, dalla separazione avvenuta nel 2008 ad oggi, non ha mai avuto alcuna disponibilità economica».

© RIPRODUZIONE RISERVATA 

  http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=134033