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lunedì 27 settembre 2010

Alleviamo i futuri figli dell’ignoranza e della disinformazione

Non paghi di avere spacciato per femminista una dichiarata fascista che è arrivata alla notorietà dopo un passato da soubrette ed alla politica in un modo che speriamo non sia quello delle chiacchiere di palazzo, che sostiene tranquillamente nelle interviste che il suo motto sia “Dio, Patria, famiglia” ed è così legata alla questione femminile da avere sostenuto in un programma televisivo che le donne italiane abbiano avuto il diritto al voto nel 1960…

…non paghi di spacciare per femminista qualsiasi donna picchi un bambino, molesti un uomo o osi divorziare, oggi persino Lindsey Lohan è diventata femminista o figlia del femminismo.

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Quando si gestisce una pagina di Facebook con 215mila iscritti, si ha il DOVERE ASSOLUTO di farlo con senso di responsabilità. Sa benissimo, l’admin che ha postato questo scatto, di stare diffondendo disinformazione, di stare diffamando ed insultando il femminismo.

Persino chi si dichiara comunista, come vediamo nei commenti, dimostra di avere ormai le idee confuse dal feroce, brutale ed ingiusto revisionismo maschilista e di dimenticare che questi non sono i figli del femminismo ma i figli del consumismo liberista e delle mafie.

Se, poi, vogliamo parlare della storia dell’introduzione delle droghe nel mondo occidentale e constatare ad opera di chi è avvenuto, noteremo che le donne non c’entrano neppure per sbaglio ma, anzi, sono per l’ennesima volta le vittime di un sistema non voluto da loro.

Ci si dimentica dei fatti e si insultano le tantissime mamme coraggio che vivono gomito a gomito con figli eroinomani che le picchiano, che fanno prostituire le loro sorelle e le loro fidanzate, che derubano le famiglie ed arrivano ad ucciderle (l’82% degli figli killer sono maschi, il 54,1% delle vittime sono madri) .

Ma cosa c’entra Lidsey Lohan col femminismo? Le sgallettate sono da sempre state l’antitesi stessa del femminismo!

Ho una sola parola per chi passa messaggi così distorti, capziosi, menzogneri e colpevoli: VERGOGNA!

Donne, datevi una svegliata. Ci stiamo rimettendo salute, vita e libertà!

 Ricordiamolo, perché il revisionismo maschilista sta facendo l’impossibile per distorcere anche questa verità:  femminismo e maschilismo non sono le due facce della stessa medaglia. Il primo è un movimento (divenuto, ormai, quasi solo un atteggiamento mentale), che propugna i pari diritti, le pari opportunità di scelta, la pari dignità tra donna e uomo; il secondo è un atteggiamento mentale, di recente divenuto vero e proprio movimento, anche se i rami che lo compongono hanno deciso di definirsi "associazioni maschili" per meglio mimetizzarsi e non raccogliere su se stessi la pubblica riprovazione. Per questo stimo quasi di più Salvatore Marino di Maschio 100x 100 che, almeno, ha il coraggio delle proprie idee e non tenta vili operazioni mimetiche. Eppure, se leggete i contenuti dei vari siti maschilisti o “maschili” antifemministi, constaterete la loro sostanziale identicità.

MarinoLui lo dice chiaramente, anziché usare la parola “paritarismo” nascondendone la distorsione del significato come fanno movimenti più subdoli che si fingono moderati, come Uomini3000: pari opportunità sì ma al contrario, ovvero volte alla tutela del maschio.

 

maschilismononesisteedQui, invece, ammiriamo uno splendido esempio di menzogna e tentativo di mimetismo e di negazionismo. L’unica cosa che l’amministratore di questa pagina ha dimostrato è di mentire.

 

Salvatore MarinoE ringraziamo di nuovo Salvatore Marino per la sua onestà

 

Il femminismo non è una parolaccia, non è qualcosa di cui vergognarsi, non nasconde sentimenti ignobili come la volontà di assoggettare l’altro, anzi, chi ha bene aperti gli occhi avrà capito che, mai come in questo momento, dopo decenni, del femminismo c’è una grande necessità. Soprattutto della sua guida per accompagnare alla fisiologica crescita della società verso una fase di più matura consapevolezza dell’uguale importanza del genere maschile e femminile, senza gli scossoni e i bruschi tentativi di ritorno al passato messi in atto da minoranze di privilegiati che non si arrendono all’idea di perdere un piccolo pezzo del proprio potere e di fare spazio a tutti.

è bello leggere il fermento vivere in tante giovani donne che come me e come Lunetta Savino si sono scontrate con la differenza tra l’essere state allevate alla parità nelle proprie famiglie ed essersi affacciate alla società scoprendo che la parità era illusoria.

Ma ancora più illusoria è l’idea di un ritorno al patriarcato attraverso una serie di leggi volte a forzare le donne a sottomettersi agli uomini che hanno avuto l’ingenuità di sposare, per cui, cari maschilisti, smettete di illudervi: non andrà mai come voi sperate.

Donne, siate "Libere". E femministe- La Stampa.it

 

Le protagoniste dello spettacolo "Libere" Isabella Ragonese e Lunetta Savino

A Torino e a Milano lo spettacolo delle Comencini: in scena due attrici di diverse generazioni

SIMONETTA ROBIONY

ROMAragonese_savino01g
Va in scena venerdì al teatro Carignano di Torino e domenica al Franco Parenti di Milano Libere, il testo scritto da Cristina Comencini e messo in scena dalla sorella Francesca a Roma, a luglio, con un lungo dibattito finale davanti a un pubblico molto interessato. Libere, il confronto tra una donna matura e una molto giovane, è uno dei primi atti di «Dinuovo», un'associazione di donne che vorrebbe riportare all'attenzione pubblica la questione femminile. All'attenzione privata, quella delle singole donne, il problema è sempre stato presente, anche in questi anni di apparente silenzio.
Ancora una volta, a interpretare questo dialogo scritto alla maniera degli «essai» francesi, sono Lunetta Savino, al momento in partenza per recitare a Parigi i versi di Alda Merini, ma anche sul set di Bar sport, il film da Stefano Benni, e Isabella Ragonese, ex madrina della Mostra di Venezia, oggi a Torino sul set di Il giorno in più accanto a Fabio Volo.
Nessuna delle due, per ragioni diverse, ha partecipato attivamente al movimento femminista degli Anni Settanta: una perché presa dal lavoro in teatro, l'altra perché non era ancora nata. Entrambe, però, hanno sentito l'esigenza di riparlare, come si può, della vita delle donne nel nostro Paese, dove molte cose sono state ottenute ma molte sono tuttora da chiedere.
ISABELLA RAGONESE
"Io, educata a una parità che non esiste"
Sono stata cresciuta da una madre che, pur non avendo fatto militanza, aveva assorbito e creduto nei valori del femminismo di quegli anni. Non c'è mai stata, a casa mia, una differenza nell'educazione tra maschi e femmine. Sapevo di essere libera e, quindi, di poter fare ciò che volevo. Ma, come molte della mia generazione, era una sensazione individualistica, autonoma, personale. Mi sono accorta che non è così. Recitando questo testo, sento un'identificazione totale con il mio personaggio quando accusa la donna matura di avere educato le figlie alla libertà mentre queste, arrivate nel mondo, si sono però sentite dire tutt'altro. A partire dal fatto che mettere oggi insieme carriera e famiglia è diventato un incastro insostenibile. Ti chiedono di scegliere ma è una scelta che non ti appartiene. La situazione italiana è assurda. A scuola noi ragazze andiamo meglio dei maschi, ci laureiamo in numero maggiore, vinciamo i concorsi. E poi? I prezzi delle case sono altissimi, gli asili nido pubblici scarseggiano, il tempo pieno per i figli c'è in pochi casi, l'assistenza ai genitori anziani ricade sulle nostre spalle, perfino i consultori dove andare per conoscere meglio la nostra sessualità stanno chiudendo e se vai in ospedale per interrompere una gravidanza non voluta corri il rischio di trovarti davanti a un ginecologo obiettore di coscienza, dopo aver fatto una fila come alle poste. Indietro non vogliamo tornare, ma in questo modo non andiamo neppure avanti. Lo so.
Dovrebbe essere la politica a occuparsi di queste cose, altrimenti che ci sta a fare? Ma se la politica pare sorda, ricominciamo da noi stesse. Dobbiamo capire, per esempio, perché ci siamo sottoposte tutte, passivamente, senza reagire, al diktat della bellezza imposta: trucco, peso, chirurgia, massaggi, spogliarelli con biancheria intima costosissima. Perché abbiamo accettato di fare una vita assurda correndo tutto il giorno senza avere per noi neanche mezz'ora: bambini, lavoro, casa, pranzo, e poi di nuovo bambini, compiti, palestre, cena, tivù e a letto a dormire. No. In questo modo non siamo felici. E non sono felici neanche i maschi che ci stanno accanto, anche loro diversi da quelli di un tempo perché cresciuti da madri che credevano nella parità.
LUNETTA SAVINO
"Il potere? Bene ma non basta Serve creatività"
Ci sono dei punti in questo testo che durante le prove mi hanno addirittura emozionato. Specialmente quando il mio personaggio racconta la sua esperienza nei collettivi femministi, il piacere di poter condividere con altre donne le sue emozioni, la sensazione di non essere sola e poter uscire dal guscio della paura. In quegli anni io, anche se ero molto giovane, facevo altro. Un po' di vita politica nelle organizzazioni di sinistra che presto però mi annoiarono e molta preparazione per poter arrivare al mestiere di attrice.
Adesso, invece, sento il bisogno di riflettere più a fondo su cosa significhi essere una donna. E mi sono messa a studiare. Questa estate ho letto alcuni libri per riflettere: Una stanza tutta per me di Virginia Woolf, Taci, anzi parla. Diario di una femminista di Carla Lonzi, Oltre l'uguaglianza. Le radici femminili dell'autorità Luisa Muraro. Voglio ripartire dalle radici del loro pensiero.
Quand'ero più giovane, certe letture le ho trascurate: oggi sento il bisogno di prendere in mano quei libri e confrontare la mia esperienza personale con le parole che quelle autrici hanno scritto: cerco di approfondire per comprendermi meglio. Mi incuriosisce capire perché alcune intuizioni sono state lasciate cadere. Mi stimola tentare di rifare il loro percorso ideologico e filosofico. Mi piacerebbe arrivare a credere nell'utopia che il pensiero della differenza possa cambiare il modo di vedere il mondo delle donne e degli uomini. Anche quello della politica. Il mio convincimento, infatti, è che se non capovolgiamo i nostri ragionamenti, anche se le donne in Italia dovessero arrivare a ottenere importanti cariche pubbliche, la situazione non sarebbe diversa da quella che è. Lo abbiamo visto con Golda Meir in Israele, Indira Ghandi in India, Margaret Thatcher in Gran Bretagna, la stessa Hillary Clinton negli Stati Uniti o Angela Merkel in Germania, che pur avendo avuto o avendo tuttora un immenso potere, in fondo si sono limitate a copiare il modello maschile. Questo non ci serve. Io credo di più che occorra accendere nelle nostre teste lampadine imprevedibili per arrivare a una rivoluzione fatta in un modo nuovo.

Donne, siate "Libere". E femministe- LASTAMPA.it

Cos’è la PAS? In breve…

nopas2 Se ne sente parlare, se ne legge in giro. A dire il vero, le voci contrarie sono ormai ridotte ad un farfuglio dacché, curiosamente, i detrattori della PAS sono sempre più ignorati dai mass-media convenzionali e stanno scivolando tra le pieghe dell’indicizzazione di Google, nonostante nel resto del mondo (eccetto che in Brasile) la falsa sindrome sia rigettata dagli ambienti scientifici internazionali come una teoria tutt’altro che comprovata, ritenuta responsabile di aver fatto notevoli danni negli USA, dov’è stata inventata ed adottata quasi esclusivamente da aspiranti ex mariti nelle cause di divorzio.

Associazioni come Adiantum si sono schierate nettamente a favore della PAS, di cui sostengono l’ammissione nell’iter-processuale divorzile attraverso la presentazione del ddl 957 (firmato PdL) integrato con il ddl 2209 (a firma della leghista Lussana) che riguardano il cosiddetto “ affido condiviso-bis” (se ne parla ampiamente, noi condividiamo le preoccupazioni esposte da Femminismo a Sud  qui) .

Questo ottimo articolo rinvenuto su un numero dell’Observer UK, riassume in breve e con estrema chiarezza la discussa falsa sindrome e la storia del suo ideatore.

Buona lettura.

Dr Richard A. Gardner

Psichiatra infantile che sviluppò la teoria della Sindrome di Alienazione Parentale.

Sabato, 31 Maggio 2003

Richard Alan Gardner, psichiatra nato a New York il 28 Aprile 1931; MD 1956; sposato due volte (un figlio maschio, due figlie femmine); Morto a Tenafly, New Jersey, il 25 Maggio 2003.

 

In una disputa combattuta per la custodia di minori, avvenuta nei sobborghi di Pittsburgh qualche anno fa, tre ragazzini implorarono il tribunale minorile di non forzarli a continuare la frequentazione con il loro padre perché, dissero, era fisicamente abusivo nei loro confronti. Piuttosto che credere ai ragazzi, il giudice fece affidamento sulla testimonianza di un esperto nominato dal padre, un professore di psichiatria clinica della Columbia University, Richard A. Gardner.

Gardner asserì che i ragazzi stessero mentendo come risultato di un “lavaggio del cervello” ad opera della loro madre e raccomandò qualcosa che lui chiamava “la terapia della minaccia”. Essenzialmente, ai ragazzi Grieco fu detto che avrebbero dovuto essere rispettosi ed obbedienti nelle loro visite al loro padre e che se non lo fossero stati la madre sarebbe finita in prigione. Poco dopo, il sedicenne Nathan Grieco, il maggiore dei fratelli, si impiccò nella sua camera da letto, lasciando dietro di sé un diario in cui aveva scritto che la vita era diventata un “tormento senza fine”.  Sia la corte che Gardner non ammisero mai i propri errori persino dopo il suicidio, e fu solo dopo un esposto sul quotidiano locale che le disposizioni per la custodia per i due ragazzi sopravvissuti furono cambiate.

La “terapia della minaccia” era parte di una più ampia teoria gardneriana conosciuta nei tribunali  preposti al diritto di famiglia in tutti gli Stati Uniti come “Sindrome di Alienazione Parentale” (Parental Alienation Syndrome, PAS). La teoria – uno dei più insidiosi pezzi di scienza-spazzatura alla quale le corti statunitensi hanno dato credito negli anni recenti – sostiene che ogni madre che accusi il marito di abusare i figli stia mentendo più o meno per definizione. Ella racconterebbe queste bugie per “alienare” i figli dal loro padre, una scioccante negazione di responsabilità parentale per la quale lei meriterebbe di perdere tutti i diritti di custodia in favore dell’ipotetico abusante.

Questa non è solo una tattica pacchiana, garantita dall’inizio per proteggere all’atto della separazione gli interessi dei padri , di gran lunga i più entusiastici sostenitori di Gardner, ma ha anche distrutto le vite di centinaia, forse migliaia di famiglie americane negli scorsi 15 anni. In uno stato dopo l’altro, le corti si sono rimesse alle credenziali accademiche di Gardner ed hanno consegnato la custodia dei bambini nelle mani dei loro presunti abusanti, persino nei casi in cui referti della polizia, referti medici e testimonianze di insegnanti ed assistenti sociali avevano supportato le accuse della madre.

Ormai, il concetto di “alienazione parentale” è entrato nella giurisprudenza ed ha governato migliaia di dispute in cui Gardner stesso non ha svolto alcun ruolo. Tuttora non ha basi scientifiche nella maniera più assoluta. Non è riconosciuta dall’Associazione Psichiatrica Americana o da qualsiasi altro corpo professionale. Il flusso di libri che Gardner produsse sulla materia a partire dai tardi anni ‘80 furono tutti di auto-pubblicazione, senza il tradizionale processo di revisione. Il suo metodo per determinare l’affidabilità delle accuse di abusi sessuali fu denunciato da un noto esperto di violenza domestica, Jon Conte dell’Università di Washington, come “probabilmente il più ascientifico pezzo di spazzatura che abbia mai visto nel campo in tutta la mia carriera”.

Nessuno con esperienza nei casi di divorzio con alta conflittualità potrebbe negare che le madri, un qualche caso, producano false accuse contro i loro mariti. Ma Gardner andò molto oltre. Ritenne che il 90% delle madri fossero bugiarde che “programmavano” i  bambini a ripetere le loro bugie e non si curò mai dell’evidenza comprovata. Teorizzò che i presunti abusi delle madri esprimessero, in forma dissimulata, le loro stesse inclinazioni sessuali verso i propri figli.

Ed egli stesso sostenne che non vi fosse nulla di particolarmente sbagliato nella pedofilia, incestuosa o meno. “Uno dei passi che la società deve fare per fare i conti con l’attuale isteria è “venirne fuori” ed assumere un atteggiamento più realistico verso il comportamento pedofilo,” scrisse in “ Sex Abuse Hysteria - Salem Witch Trials Revisited (1991)” ( L’isteria dell’abuso sessuale – I processi alle streghe di Salem rivisitati, ndr). La pedofilia, aggiunse, è una pratica largamente diffusa e praticata tra letteralmente miliardi di persone”. Intervistato una volta su cosa avrebbe dovuto fare una madre se il suo bambino avesse lamentato di subire abusi sessuali da suo padre, Gardner replicò: “Cosa dovrebbe dire? Non dire queste cose di tuo padre. Se lo farai, ti picchierò.”

è incredibile che una tale figura possa essere stata presa seriamente in considerazione dai giudici nei tribunali ma, in un sistema antagonistico dove i padri hanno spesso più denaro da spendere nelle cause di divorzio, le teorie di Gardner si sono dimostrate notevolmente persuasive. Il giornale dell’Accademia Americana di Psichiatria Adolescenziale e Infantile scrisse nel 1996 che un libro di Gardner, Protocols for the Sex-Abuse Evaluation (Protocolli per la valutazione dell’abuso sessuale), era “una ricetta per dimostrare la falsità degli abusi sessuali, nascosta sotto la forma di obiettività scientifica e clinica. Si sospetta che diventerà un bestseller tra gli avvocati difensori.” E così si è verificato.

Il lavoro di Gardner ha creato una generazione di madri e figli psicologicamente terrorizzati ed, in molti casi, fisicamente dalle sentenze tribunalizie che egli ha influenzato. In uno dei suoi primi casi, una donna fisico del Maryland  da lui etichettata come “alienatrice parentale”, inadatta ad ottenere la custodia dei suoi bambini, fu successivamente colpita a morte dal suo ex-marito. Ciò nonostante, Gardner non cambiò il suo punto di vista secondo il quale la moglie fosse la reale cattiva; le bugie di lei, insisté lui, avevano reso il marito temporaneamente psicotico.

Il passato di Richard Gardner era sorprendentemente convenzionale. Nato nel Bronx, a New York, nel 1931, studiò medicina e psichiatria in varie prestigiose università dello stato di New York, ed assolse al compito di psichiatra dell’esercito statunitense in Germania. Nominato nella Divisione di Psichiatria Infantile alla Columbia nel 1963, fu rispettato per molti anni come esperto nell’esperienza infantile in ambito di divorzio.

Dopo lo sviluppo della sua Sindrome di Alienazione Parentale nel 1980, comunque, lui e la Columbia University si allontanarono lentamente ed egli trascorse la maggioranza del suo tempo nell’esercizio privato della professione nel New Jersey. Lungo il percorso si trasformò anche nell’autentico mostro americano.

Andrew Gumbel

 

Fonte: Dr Richard A. Gardner - Obituaries, News - The Independent