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sabato 18 settembre 2010

La bislacca teoria sul nazifemminismo, ovvero come mescolare vari ingredienti storico politici per farne un minestrone: ricetta.| Valentina Tomasini

 

Ultimamente un dibattito mi appassiona e mi irrita i polpastrelli a più non posso. Il dibattito su coloro che hanno trasformato le donne in nazifemministe. Una pagina fake chiamata "NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE" diffonde da qualche tempo post e articoli di dubbia provenienza, affermando la radice nazista del femminismo. Questa pagina è solamente la punta dell'iceberg d'un movimento che si è sparso in rete a macchia d'olio, numerose infatti sono le pagine e i siti clonati.

Le femministe sarebbero quindi comuniste (?), e utilizzerebbero metodi violenti e per strappare i figli ai padri amorevoli. A quanto pare una donna che denuncia maltrattamenti è una nazifemminista, così come colei che chiede il divorzio, strumento del potere femminile per distruggere la sacralità della famiglia. Ah! Il femminismo è pure causa di episodi come quello della donna di Trento, che si è vista portare va la figlia dopo il parto. Da non dimenticare inoltre che pare che il 90% delle denunce per abusi sessuali siano false, che l'Italia sua il Paese più sicuro del mondo per le donne, e che la maggior parte delle donne faccia violenza sui mariti, se sono femministe poi non ne parliamo, sarebbe un massacro. Secondo l'idea riportata da questi uomini afflitti, che peraltro pongono il femminismo alla stregua di maschilismo e razzismo, i centri antiviolenza sarebbero dei focolai di femmine incarognite e misandriche. Femmine che avrebbero come scopo ultimo lo sterminio simbolico del genere maschile e la supremazia delle donne nel mondo.  

Un progetto ambizioso! (Immagine della Medusa mitologica che appare silenziosamente nella mia testa, non chiedetemi il perché).

Eh!, oh!, beh!, aspettate un attimo, mi pare che il divorzio sia un diritto di entrambi i sessi, cioè, mah!, vabbè. Forse erano meglio le sane vecchie tradizioni di una volta; dove il divorzio non esisteva e c'erano strumenti sicuramente migliori per sbarazzarsi di una moglie petulante e racchia, a suon di ripudio e delitti d'onore, o semplicemente si scendeva al bar dell'angolo a comprare le sigarette e non si tornava più. In ogni caso lei aveva poco da fare, o era morta o era disonorata, ragazza madre con figli a carico e un lavoro in nero sottopagato. Effettivamente era molto più semplice, accidenti a noi che vogliamo complicare le cose.

Tornando a questo famoso termine de nazifemminismo: fu coniato da uno sconosciuto (non ha manco una pagina wikipedia) professore di economia (che c'azzecca un economista in una teoria che si potrebbe definire d'interpretazione di un fenomeno storico/sociale?) dell'università di California a Davis, Tom Hazlett, e volgarizzato da un singolare conduttore di talk-show radio, Rush Limbaugh. Quest'ultimo, conservatore fino al midollo, comincia la sua brillante carriera di politologo e analista in un programma che non prevedeva ospiti e si basava unicamente sull'opinione dello stesso. Un illuminato del dibattito alla pari del nostro presidente del consiglio (le minuscole sono d'obbligo), qualcuno a cui piace confrontarsi insomma.

Il senso di questa parola rivoluzionaria sarebbe, secondo un sito gestito da questi padri maltrattati;

"feminazi: una femminista militante o radicale, percepita come intollerante verso le idee altrui."

"Il nazismo proclamava i tedeschi vittime degli ebrei in modo da poterli odiare e colpire.  Allo stesso modo il nazi-femminismo proclama le donne vittime degli uomini, inventando termini quali “femminicidio” per definire quel 20% degli omicidi nei quali la vittima è un essere umano di sesso femminile, e falsificando le statistiche arrivando a sostenere falsità assurde quali “la violenza maschile è la prima causa di morte per le donne”. Secondo l’ideologia nazi-femminista la famiglia deve essere distrutta: aborto, divorzio, false accuse, bambini chiusi in centri femministi, bambini alienati, bambini esposti a materiale sessuale in modo da costruire calunnie pedofile…

Molte femministe sostengono che il termine nazi-femminismo sarebbe solo un tentativo di marginalizzare il proprio pensiero e la propria attività politica.  Tuttavia, le stesse parole di molte ideologhe femministe, inneggiando alla superiorità femminile ed allo sterminio maschile, ricordano l’ideologia nazista."

o ancora:

"La struttura familiare al centro della società è un punto di contatto che fa decisamente pensare ad una connessione tra il neofemminismo e il nazifascismo, giacché attaccando e partendo da esso si può ampiamente influenzare efficacemente una società, sia che essa sia occidentale o orientale.

L’idea della famiglia come la sintetizzazione di un sistema produttivo e riproduttivo controllato era presente nelle idee del nazifascismo, che presentava l’idea di massimizzare la produzione di un nucleo familiare, ponendo come punto cardine il padre che produce la ricchezza finanziare e la fedeltà allo stato sia in pace che in guerra, rappresentandosi come un fuhrer casalingo (fuhrer significa condottiero, quindi assumendo il ruolo di guida familiare), indi ponendo la prole come il futuro produttivo e fedele del paese e la madre come meccanismo di riproduzione della ricchezza proletaria."

Sebbene "non esistano reali elementi storico politici che possano collegare la follia nazista a quella, degli ultimi 50 anni, del nazifemminismo"  questa bislacca teoria è data per vera e il termine è ampiamente diffuso nel web.

Primo: partiamo dal fatto che il nazismo sia stato un'ideologia che sposava elementi cattolici e pagani appoggiando una visione propriamente patriarcale e razziale dei ruoli familiari. La donna "regina" del focolare, riproduttrice di ariani e esclusa dalle decisioni politiche, e l'uomo attore privilegiato del mondo politico, cittadino nell'originario senso del termine, dotato di diritti e doveri.

Secondo: ricolleghiamo l'ideologia al contesto storico, quello di un'epoca di nazionalismi feroci e di guerra. I due elementi hanno influenzato tutti gli stati coinvolti nel conflitto, trasformando effettivamente la famiglia in luogo di produzione massiva di forza lavoro, piccoli soldati da spedire al macello europeo. La donna in tutto questo si ritrova ancora confinata al ruolo di protettrice dei valori familiari patriarcali, immagine di abnegazione e sottomissione al pater familias e alla patria, in una struttura sociale rigidamente controllata che riproduceva su scala nazionale i ruoli familiari. Il Furher o il Duce erano in effetti i padri della nazione.

D'altronde questa situazione è spiegata abbastanza bene anche negli articoli che diffondono l'ideologia sul nazifemminismo. Ciò che non si capisce in effetti è il collegamento tra questi due fatti ideologicamente distanti. Il primo fu una dottrina politica nazionalista, centrata sulla purezza della razza e sull'odio antisemita, con una riconoscibilissima impronta maschilista. Maschilismo che piazza appunto la femmina come animale da riproduzione, animale preferibilmente pudico all'esterno delle mura di casa e sottomesso ai desideri del marito. Associata all'eugenetica, questa pratica assomiglia un po’ all'allevamento di giumente da riproduzione.

Cosa ci faccia il femminismo qui dentro continuo a non capirlo, il termine è infamante e pericoloso, oltre che decontestualizzato. Non capisco inizialmente come si possano associare la visione della famiglia su modello nazista alla concezione femminista della stessa, se di concezione si può parlare. Quale assurdo malfunzionamento cerebrale può immaginare che il femminismo consideri la famiglia su modello cristiano (madre+padre+figli) una fabbrica di prole ? Eppure a me risultava che i diritti di aborto e contraccezione fossero battaglie eminentemente femministe, atte a scongiurare, appunto, l'idea della donna come utensile da cucina, all'occorrenza forno. Queste battaglie furono fatte perché ogni donna avesse il diritto, e non l'obbligo, di disporre di se stessa e della sua sessualità. Oltre a fare figli con chi vuole.

La questione della figura del padre come produttore della ricchezza familiare è ancora più semplice. Sebbene gli abili manipolatori la rigirino come un'ideologia femminista, il padre che produce ricchezza (NB: che mantiene moglie e figli) fa sempre parte di quel sistema patriarcale. Il pater familias che dispone delle economie della famiglia è una minaccia per le donne, non solo femministe. Egli provvede a nutrire il suo focolare e controlla ogni spesa, ciò che entra e che esce. Per secoli questo modello ha mantenuto le donne sotto scacco, perché questo padre può diventare aguzzino; può rifiutare di dare soldi per una ragione o per l'altra, può ricattarti, molestarti, violentarti. Le donne che vivevano (e vivono ancora in molte zone del mondo e probabilmente anche in Italia) sottomesse al pater non disponevano di se stesse, delle loro doti, dei loro figli. L'ideologia voleva che la donna fosse una bambina, da proteggere e punire, da addestrare al ruolo di schiava domestica. E bambina rimaneva, l'educazione per signorine ce la metteva tutta per preparare giovani vergini ignare, che sapevano cucire e cucinare, suonare uno strumento, cantare e danzare con armonia. Vergini della vita appunto, per nulla preparate al padrone a cui il padre padrone le affidava all'altare. Che per la maggior parte finivano stuprate durante la notte di nozze, in ogni caso non sapevano nulla di ciò che accadeva loro.

Oggi questa figura paterna non è del tutto estinta, casomai è rimasta sepolta nell'immaginario comune.

I padri separati si lamentano in realtà dell'idea del padre economicamente più forte, costretto cioè in caso di divorzio a provvedere al mantenimento economico di moglie e figli. Il dibattito, se affrontato in modo serio, potrebbe essere fruttuoso e rivelare le battaglie che uomini e donne devono ancora assolvere allo scopo di migliorare le leggi sul divorzio e sull'affido.

Affrontato a modo loro questo problema diventa opposizione, calunnia, accusa. Se l'ex marito è ancora colui che mantiene l'ex moglie vuol dire ancora una volta che i salari di uomini e donne, a parità di mansione, rimangono sostanzialmente differenti. Se le donne sono pagate meno è colpa delle femministe ? O siamo ancora nei vecchi schemi patriarcali letti qui sopra ? Forse c'è un tentativo incosciente di mantenere il sesso femminile in posizione di debolezza economica ?

Perché per essere sincera spero di non trovarmi mai in una situazione di ricatto economico da parte di un ipotetico ex marito, vista la tendenza  odierna, che si manifesta tramite questi siti, di criminalizzare l'ex moglie. Utopicamente sarebbe bene che si garantissero a entrambi i coniugi tutte le possibilità di vivere con dignità dopo un divorzio. Le grida di queste associazioni di padri, che inneggiano a un ritorno al "maschio", non sono grida di sofferenza. Sono urla violente contro ogni principio di parità che il  maledetto ventesimo secolo ha lasciata in eredità, sono la riappropriazione dell'uomo sulla donna, sono la revisione storica della vita di milioni di donne che si sono ribellate alla loro posizione sottomessa per strappare (sì strappare) con i denti uno straccio di diritto. E ogni volta, (il voto, il divorzio, l'aborto, la violenza sessuale), queste donne sono state chiamate lesbiche, castratrici, streghe, frustrate.

Il discorso di questi uomini è aberrante ed è bene scriverci sopra, dire la nostra, vecchie e nuove femministe, vecchie e giovani donne. Non cediamo ai ricatti psicologici, alle rivendicazioni inventate, i compromessi si fanno con i giusti e non con i boia. E di uomini giusti ce ne sono, ma non su questa pagina.

PS: per quanto riguarda questo articolo, (e qui mi rivolgo ai lor signori)

http://www.comunicazionedigenere.com/2010/09/18/violenza-donne-dati-veri/

Io sono dell'opinione che i dati statistici vadano usati con le pinze e non vomitati continuamente sui siti, perché poco credibili e facilmente manipolabili. Però non si è mai pensato che accostare i dati dell'Italia a quelli, per esempio, degli USA, sia un tantino una stronzata ? Voglio dire qual è la demografia degli Stati Uniti e quale quella italiana ? Senza contare che le violenza domestiche in Italia continuano a non essere denunciate, i panni sporchi si lavano in casa no ?

Per farvi un'idea del fenomeno ecco qui le fonti:

http://www.nazifemminismo.info/nazi_archives/origine-del-termine/

http://www.nazifemminismo.info/nazi_archives/la-struttura-familiare-al-centro-della-societa-e-un-punto-di-contatto-che-fa-decisamente-pensare-ad-una-connessione-tra-il-neofemminismo-e-il-nazifascismo/

e le pagine incriminate (presumibilmente gestite da uno stesso gruppo di persone e che si collegano a vari siti):

http://www.facebook.com/noviolenzadonne?ref=search

http://www.facebook.com/lapasqua?ref=search    (eh sì pure la pagina sulla pasqua)

http://www.facebook.com/bentornato.pater.familias?ref=sgm

http://www.facebook.com/centriantiviolenza

http://www.facebook.com/movimentoperilpadre

http://www.facebook.com/misandria.stop?ref=sgm

Simpatica vignetta sulle nazifemministe.

pubblicata da Valentina Tomasini il giorno sabato 18 settembre 2010 alle ore 23.19

Fonte: http://www.facebook.com/notes/valentina-tomasini/la-bislacca-teoria-sul-nazifemminismo-ovvero-come-mescolare-vari-ingredienti-sto/435744779059

Il falsario che odia le donne: ennesimo feroce clone diffamatorio dei soliti truffatori facebookiani

Non contenti di aver clonato la prima vera pagina “NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE” originale nel tentativo di sostituirsi ad essa, non contenti di avere usurpato il titolo della pagina e di condurre da mesi una campagna di inganno degli utenti usando la loro pagina-clone e tutti gli altri suoi derivati per fare campagna di istigazione all’odio contro le donne, adesso hanno aperto un’altra pagina apertamente diffamatoria nei confronti di quella da loro già ampiamente danneggiata (clonata, diffamata, attaccata quotidianamente con orde di profili falsi, i contatti iscritti vengono contattati e convinti a disiscriversi, si lancia una campagna di segnalazione quotidiana ed è stato persino manomesso l’ordine con cui Facebook presenta i risultati di ricerca, infatti adesso la loro pagina compare per prima nonostante sia stata aperta mesi dopo. Inoltre appare essere manomesso anche il link per la segnalazione della loro pagina, cosa che consentirebbe di segnalarli all’infinito senza che la segnalazione sia mai registrata dal sito. Sembrerebbe un abuso di posizione predominante in quanto sappiamo che chi agisce adopera i potenti mezzi di alcune società di servizi internet, mezzi di cui non tutti possono, ovviamente, disporre).

Purtroppo questi individui sono completamente privi di argomentazioni e devono attaccarsi alla balla più spregiudicata e priva di senso del pudore, alla balla più colossale e stratosferica nella speranza che qualche gonzo ignorantissimo (che non mancano mai) ci caschi.

Secondo questo ennesimo clone diffamatorio, la pagina, fondata ed amministrata da Davide Insinna, UN UOMO, sarebbe “ Fondamentalmente una pagina emanazione del femminismo MISANDRICO, criminalizzatrice dell'uomo a prescindere, fomentatrice delle cosiddetta POLITICA PER UN SOLO GENERE di ispirazione FILO-NAZISTA. Ovviamente da lasciare e segnalare!”.

Quindi Davide Insinna, un omone eterosessuale alto due metri, sarebbe un nazifemminista misandrico, nonché filo-nazista.

La pagina è amministrata anche da Maddalena, di certo una donna sensibile ai problemi dei diritti delle donne ma non certo misandrica, essendo felicemente fidanzata con un uomo.

Invece, sta diventando ormai arcinoto che chi sparge in giro simili balle sono truffatori, imbroglioni della peggior specie, fanatici animati dal credo misogino e maschilista, individui violenti e veramente perfidi (chissà, magari qualcuno di loro anche noto alle forze dell’ordine. Noi non possiamo parlare a riguardo perché è necessario avere l’assoluta certezza di chi si nasconda vilmente dietro queste operazioni diffamatorie) che odiano le donne in maniera feroce e spietata e non hanno problemi a compatire e santificare chi le donne le uccide. Chissà se coloro che operano dietro queste azioni meno che trollesche fanno tutto ciò per puro fanatismo maschilista e guerrafondaio o non ne ricavano pure qualche dindino…

Il resto delle “argomentazioni” sono i soliti penosi tentativi di arrampicarsi sugli specchi e manipolare la realtà. Serafino Massoni è un professore di filosofia, preside di istituti scolastici, stimatissimo e simpatico che prende in giro i maschilisti di Uomini3000 e Maschi Selvatici (ovvero i movimenti per i quali simpatizzano i clonatori di pagine per la difesa delle donne). Non a caso è stato da questi movimenti pesantemente insultato ed attaccato. Che su Youtube abbia parlato di tutto un po’ non importa e non è un’argomentazione per dimostrare che la pagina da loro diffamata abbia qualcosa di sbagliato e né prendersela  con chi vorrebbe che gli stupratori colti sul fatto venissero assicurati alla giustizia in attesa del processo è un’argomentazione sufficiente (ricordiamo che il carcere preventivo è comminato in presenza di rischio di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato ed è previsto già per molti reati gravi. A parlare in detrazione del carcere preventivo sono, in genere, Pierluigi Battista o Il Giornale, insomma, gli ipergarantisti berlusconiani. Nessuno vuol mettere innocenti in carcere ma solo chi è stato colto sul fatto, ovviamente. Inoltre, scarcerare un violentatore significa mettere a rischio la vita di chi ha avuto il coraggio di denunciarlo).

Prendersela con Davide Insinna, dopo aver danneggiato ampiamente ed ostacolato la sua attività di volontariato e la sua associazione no-profit, nonostante Davide sia una persona di correttezza e pulizia morale senza pari e non abbia mai reagito se non con superiore indifferenza e signorile civiltà e maturità alle continue provocazioni di questa banda di banditi del maschilismo, è da miserabili vigliacchi.

Non ci stupiamo più, li abbiamo già visti dare il peggio.

clonedavide2ed

NOTA CONGIUNTA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI SULLA PROPOSTA DI LEGGE TARZIA| Zeroviolenzadonne

 NOTA CONGIUNTA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI SULLA PROPOSTA DI LEGGE TARZIA

Spett. Regione Lazio                              
c.a.   Presidente e Commissario alla Sanità      
On. Renata Polverini                             
c.a.   Assessore alle Politiche Sociali e Famiglia
On. Aldo Forte    

                                
Oggetto: Proposta di legge n. 21 del 26.05.2010 recante “Riforma e riqualificazione dei
consultori familiari”


Onorevole Presidente, Onorevole Assessore,
quali rappresentanti delle categorie professionali che, da oltre trent’anni, si dedicano nei
consultori familiari alla prevenzione ed educazione alla salute e alla presa in carico della donna,
della coppia, della famiglia e dei figli, desideriamo esprimere alcune considerazioni con riferimento
alla proposta di legge indicata in oggetto.
Condividiamo pienamente la necessità di una riqualificazione delle strutture consultoriali,
ed in special modo di un incremento del numero delle stesse, al fine di rispettare il fabbisogno di
un consultorio ogni ventimila abitanti previsto dalla Legge 34/1996. Una presenza capillare dei
consultori sul territorio regionale, incentivando il sostegno alla famiglia ed alla coppia, la
promozione e la tutela della procreazione responsabile, la prevenzione dell’interruzione volontaria
di gravidanza e le altre finalità previste dal Progetto‐Obiettivo Materno‐Infantile, non potrà che
giovare al miglioramento delle condizioni di benessere fisico, psicologico e sociale della
popolazione, che costituisce uno degli obiettivi prioritari della Regione.
Ciò nonostante, taluni aspetti della proposta di legge ci lasciano perplessi, primo fra tutti la
previsione di abrogare la Legge Regionale 15/1976. Detta normativa regionale ha come oggetto
principale l’istituzione e la regolamentazione del servizio di assistenza alla famiglia e di educazione
alla maternità e alla paternità responsabili, nell’ambito del quale si inserisce la disciplina
dell’attività e del funzionamento dei consultori familiari.
Rispetto all’abrogazione in toto della Legge in parola, sembrerebbe forse più opportuna
una revisione parziale, con la previsione di nuove disposizioni nel corpo della Legge 15/1976, il cui
modello di intervento è valutato di eccellenza dalle agenzie internazionali. Un siffatto modello, che
è espressione dei criteri di universalità, equità e solidarietà propri del Sistema Sanitario Regionale,
non può essere fatto oggetto di un totale stravolgimento, anche per assicurare il rispetto dei
principi fondamentali fissati dalla normativa statale in materia di tutela della salute, nonché dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale.
Con i richiamati criteri, che la normativa regionale deve osservare per non incorrere in
violazione dell’art. 117 della Costituzione, sembra assolutamente incompatibile la proposta di
consentire che i consultori familiari siano gestiti anche da strutture private a scopo di lucro.
Riteniamo che, muovendosi in un ambito così delicato, si debba prestare un’attenzione particolare
al rispetto dei principi fondamentali del sistema sanitario, tra cui quelli di universalità e di
responsabilità pubblica della tutela della salute: non si può pensare di demandare la gestione di
quello che potremmo definire un patrimonio pubblico di inestimabile valore per la salute della
popolazione, se non in via marginale e residuale, ad “istituzioni sociali”, la cui vocazione pubblica
è difficilmente verificabile, né tantomeno ad enti a carattere lucrativo.
D’altra parte la “privatizzazione” dei consultori familiari deve essere valutata anche in
relazione al rischio di violazione del criterio di economicità che, a maggior ragione nell’attuale
momento storico, deve ispirare l’azione politica ed amministrativa: la proposta di legge in parola
rischia di comportare un indiscriminato ed ingiustificabile aumento dei costi di gestione, dovuto,
ad esempio, alla duplicazione di alcuni percorsi, come nel caso della previsione di istituire di un
“doppio procedimento” per l’applicazione della Legge 194/1978.
Infine, suscita non poche perplessità la proposta di inserire nelle équipe dei consultori
figure professionali di incerta definizione e con competenze di dubbia attestazione, quali, fra le
altre, il consulente familiare ed il mediatore familiare, quest’ultimo, peraltro, disciplinato tramite
una legge regionale recentemente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale.
Alla luce delle considerazioni su espresse, chiediamo di operare una profonda riflessione
sulla opportunità di portare avanti l’approvazione della proposta di legge in oggetto, che rischia di
compromettere nella nostra Regione l’attuale modello di sanità universalistica e solidale, coerente
con la Costituzione e con la normativa di principio statale.


Distinti saluti


Ordine degli Psicologi del Lazio
Presidente dott.ssa Marialori Zaccaria


Ordine provinciale di Roma dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri
Presidente dott. Mario Falconi


Ordine degli Assistenti sociali del Lazio
Presidente dott.ssa Giovanna Sammarco

NOTA CONGIUNTA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI SULLA PROPOSTA DI LEGGE TARZIA

http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9813:noya-congiunta-degli-ordini-professionali-sulla-proposta-di-legge-tarzia&catid=210&Itemid=0

LA LEGGE TARZIA CANCELLA I CONSULTORI, LA SALUTE E LE DONNE|Zeroviolenzadonne

 

LA LEGGE TARZIA CANCELLA I CONSULTORI, LA SALUTE E LE DONNE

di Lisa Canitano
Vita di donna ONLUS
Consultori%20sito Questa settimana va in discussione, alla Regione e a tappe forzate, la proposta di legge dell'onorevole Tarzia sui Consultori familiari. Con questa proposta si vuole cancellare l'istituzione dei consultori, come strutture sanitarie laiche e accoglienti, nei confronti di qualunque pensiero e qualunque scelta. Secondo questa proposta, infatti, i servizi consultoriali verranno affidati alle associazioni di famiglie che hanno come scopo la difesa della vita fin dal suo concepimento e il servizio pubblico, è testuale, andrà in subordine rispetto a queste associazioni private.
Entreranno nei consultori l'esperto in bioetica, l'esperto in antropologia della famiglia, l'esperto in metodi naturali di contraccezione, tutti senza un titolo riconosciuto. Le donne avranno "il dovere di collaborare" (testuale) e dovranno mettere per iscritto quando rifiutano di dare in adozione il bambino invece di abortire.
Il personale tradizionale dei consultori (in attesa della sua estinzione) rimarrà ben dietro le linee e potrà intervenire solo dopo che le associazioni avranno finito il loro lavoro di convincimento. Le associazioni faranno tutto ciò gratis et amore dei? Certo che no, verranno ricompensate con apposite detrazioni fiscali e finanziamenti.
Poco importa se i soldi per le donne sono così pochi che verranno aiutate sole le madri che hanno meno di 500 euro al mese (soglia di povertà).
Per la Tarzia l'importante è intercettare immediatamente le donne, che vengono a cercare un'assistenza rispettosa nei consultori, per infliggergli una predica alla quale non si potranno sottrarre.
Alla Casa Internazionale delle Donne si è formato un coordinamento che raccoglie associazioni femministe, sindacati e cittadine e cittadini  per difendere questa conquista di civiltà delle donne del Lazio.

Archivio

LA LEGGE TARZIA CANCELLA I CONSULTORI, LA SALUTE E LE DONNE

http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9740:contro-la-legge-tarzia&catid=34:editoriali&Itemid=54

Leggi anche la NOTA CONGIUNTA DEGLI ORDINI PROFESSIONALI SULLA PROPOSTA DI LEGGE TARZIA

Le false accuse di pedofilia? Una bufala!

Girolamo Andrea Coffari, del Movimento per l’Infanzia ci ricorda che le ricerche hanno stabilito che: “nessuna tecnica induttiva, cioè, può costringere a far raccontare ad un bambino un episodio traumatizzante come una violenza sessuale subita se questa non si è mai verificata.”

Quindi le false accuse di pedofilia non esistono. I bambini non sono in grado di raccontare esperienze sessuali estranee alla normale sfera di esperienze infantili. Non sono in grado di dare particolari anatomici o spiegare situazioni sessuali “da adulto” se non le hanno effettivamente vissute.

 Abusi sui minori, l’esperto: “Basta sentenze adulto-centriche”

» by Lucignolo| dalpaesedeibalocchi, marzo 10th, 2009 at 17:38

Agenzia Dire

ROMA – Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (numero 8809) ha accolto il ricorso di un padre separato di Catania, condannato in due precedenti gradi di giudizio a tre anni di reclusione per violenza sessuale nei confronti della figlia di sette anni, in base alla seguente motivazione: “I bambini sono altamente malleabili e se interrogati con domande inducenti tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore”. Principi, questi, che erano stati già espressi con una sentenza relativa al caso di Rignano Flaminio. Parte dai fatti l’avvocato Girolamo Andrea Coffari, presidente del Movimento per l’infanzia, per commentare tale sentenza. “La Corte di Cassazione- spiega- non ha un orientamento univoco e stabile sulla valutazione della testimonianza dei bambini perché i reati a sfondo sessuale, consumatisi a danno dei bambini, rappresentano un fenomeno tutto sommato ancora nuovo per la nostra cultura giuridica”.

Da una parte, spiega, “vi sono sentenze illuminate che chiaramente esprimono la capacità di comprendere a fondo e autenticamente i criteri di giudizio che è necessario applicare quando si tratta di valutare la testimonianza di un bambino, accanto a queste sentenze ve ne sono altre, però, che non possono che definirsi adulto-centriche, finalizzate cioè a garantire l’adulto, aprioristicamente, dall’eventualità che questo possa essere accusato da un bambino vittima della sua violenza e perversione”.

La sentenza della Cassazione sul padre di catania, così come quella sui presunti abusi su alcuni bambini della materna di Rignano Flaminio, “possono a tutti gli effetti essere annoverate fra le sentenze adulto-centriche, ideologicamente cioè schierate dalla parte degli adulti, tali sentenze però soffrono di una debolezza strutturale, fondano cioè la loro interpretazione negazionista della testimonianza dei bambini su un sentimento di incredulità che rinuncia ad applicare con serenità criteri logici e scientifici”, sottolinea Coffari.

Indipendentemente dal caso concreto che riguarda i fatti di Catania, “che non intendo valutare non avendone gli strumenti per farlo- prosegue Girolamo Andrea Coffari, presidente del Movimento per l’infanzia- posso dire però che affermare genericamente che ‘i bambini sono malleabili se interrogati con domande inducenti in quanto questi tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore’, dimostra chiaramente come i giudici non conoscano il concetto di induzione che, secondo tutte le ricerche scientifiche svolte sulla memoria dei bambini, rappresenta una precisa tecnica manipolatoria che, avvalendosi di strategie intrusive e confusive della memoria dei bambini, ha dimostrato che solo il 25% di questi possono, se sottoposti pesantemente ad un processo induttivo, narrare episodi autobiografici in effetti mai verificatisi. Le stesse ricerche- dice l’avvocato- ci dicono anche che nessun bambino, pur se pesantemente indotto, riferisce di episodi autobiografici che riguardano episodi altamente traumatizzanti relativi alla loro sfera intima se questi non si sono in effetti verificati”.

Nessuna tecnica induttiva, cioè, “può costringere a far raccontare ad un bambino un episodio traumatizzante come una violenza sessuale subita se questa non si è mai verificata e questo dato scientifico non è stato mai messo in discussione. Vi è da aggiungere ancora- chiude il presidente del Movimento per l’infanzia- che il concetto di domanda inducente è utilizzato in maniera impropria dalla Cassazione che confonde, pericolosamente, la domanda suggestiva con la tecnica manipolatoria cosiddetta induttiva, non dimostrando di conoscerne la profonda differenza. E’ necessario che anche la comunità giuridica capisca l’arretratezza culturale che ha accumulato nei confronti della tutela dei bambini, l’interesse di tutti è quello di acquisire le migliori competenze per giudicare con serenità e sicurezza e non rischiare di condannare per la seconda volta bambini vittime della violenza, la prima volta, e di un adulto-centrismo autoreferenziale la seconda volta”.

Abusi sui minori, l’esperto: “Basta sentenze adulto-centriche”