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venerdì 17 settembre 2010

Dove sono finite le madri?

269658371 Devono essere tutte finite nelle favole a fare le matrigne e le streghe cattive, evidentemente, se la tv si sta popolando di testimonials disperati della paternità ferita senza uno straccio di contraddittorio decente con le controparti femminili.

Le poche donne che si azzardano a ricordare il principio dettato dal semplice e sano buonsenso che il condiviso-bis non possa essere applicato alla cieca e con la forza anche nei casi di presenza di abusi, sono immediatamente tacciate di “veterofemminismo” (che su Facebook e nei forum maschilisti diventa “nazifemminismo”, per paura di essere troppo morbidi), un’argomentazione ormai jolly e buona per tutte le stagioni.

Prendi una donna che osa ricordare che le donne sono le più colpite dalla violenza domestica e che la PAS ha fatto disastri negli USA e condannato molti bambini a vivere con i loro aguzzini, quelli la chiamano “veterofemminista” e subito il pubblico ludibrio cade su di lei, è additata come una malvivente e poco manca che non si palesino istantaneamente due gendarmi sulla porta pronti a caricarla e portarla via nelle segrete di una prigione dove verrà giustamente torturata.

Potenza dei media. Un gruppo di “illuminati” si riunisce in lobby, decide di fare fuori chiunque li ostacoli ed ecco che parte la campagna. “Comunista” diventa sinonimo di terrorista criminale che vuole strappare i soldini a tutti i poveri lavoratori indefessi e distribuirli agli sfaccendati e “femminista” diventa sinonimo di vecchia pazza dei boschi che mangia i bambini e i giovani uomini belli e sani, tipo la vecchina di Hansel e Gretel.

Mucchi di pecore travestiti da umani si getteranno nella delazione. Donne convinte di aumentare il loro appeal e di non morire sole ed inacidite se sapranno farsi amici gli uomini entrando nel loro mondo e difendendo le loro istanze, si ergeranno orgogliose scrivendo o dicendo baggianate incoerenti del tipo: “Io sono per i diritti delle donne ma non sono femminista. Che significa, poi? C’è la femmina e c’è la donna. Io sono una donna” e sei pure ignorante, verrebbe da replicare loro. Se sei a favore dei diritti delle donne sei femminista, c’è poco da fare, quindi, amica mia, sei marcia anche tu.

O si è per i diritti delle donne o si è contro. Una via intermedia non c’è.

Ti sembra giusto che le donne facciano i magistrati e gli avvocati? Sei femminista. Ti sembra giusto che le donne stiano solo a casa a sferruzzare? Non sei femminista.

Ti sembra giusto che le donne la diano per fare carriera? Non sei femminista. Ti sembra giusto che le donne abbiano le stesse opportunità di essere valutate per il loro valore intellettivo e non per il loro corpo? Sei femminista.

Tutto qui. Giuro che non abbiamo uniformi, parole d’ordine, stanze segrete e non ci votiamo all’odio per il maschio, visto che, tra l’altro, viviamo come tutte, cioè sposandoci, facendo figli e siamo anche mediamente più realizzate perché sappiamo cosa vogliamo e sappiamo farci rispettare e capire dai compagni.

Comunque, per magia, ecco che si ritrova trasformata in femminista anche Mara Carfagna. Farà piacere saperlo anche a lei, visto che è sempre stata ferocemente attaccata dalle femministe.

Adesso è colpevole agli occhi di associazioni legate a doppio filo ad associazioni maschiliste. Già perché oggi, dovete sapere, per essere padri si deve anche essere maschilisti, quindi convinti della superiorità dell’uomo sulla donna e sulla necessità che la donna si sottometta. Padri normali, equilibrati, collaborativi, dalla mentalità moderna, sembrano non trovare molto spazio ed asilo in certi movimenti. Questo è molto strano.

Dicevamo, la Carfagna è colpevole di ricordare che esiste la violenza domestica e che è anche molto diffusa, motivo per cui forzare una donna a restare a disposizione di un marito violento non è proprio il massimo ed entrerebbe non poco in contraddizione con la legge sullo stalking.

Cosa sono migliaia di donne all’anno che vengono massacrate di botte e 130 donne uccise in media (arrotondata per difetto) rispetto al dolore dei padri che si suicidano? Nulla. Le donne esistono per essere picchiate. è banale persino parlarne, figurarsi fare qualcosa per loro!

Adesso difendere la salute delle donne significa essere femministe e di parte per gli sponsor del condiviso-bis e della PAS, per i quali i rischi non esistono, la violenza non esiste ed i padri dovrebbero prima avere i figli in affido e poi, magari, se resta qualche anno d’infanzia ancora da vivere, c’è tutto il tempo di accertare la presenza di abusi (il processo penale in Italia impegna mediamente 9 anni, quindi tutto il tempo di essere violentati, molestati, percossi, in attesa di una sentenza definitiva).

Nel frattempo, dovete sapere, ogni accusa fatta da una ex moglie all’ex marito è fatta passare per una falsità mentre non si fa alcuna menzione della poco lodevole abitudine maschile di accusare le ex mogli onde metterle in cattiva luce agli occhi dei magistrati. No. Solo le donne farebbero false denunce. Gli uomini sono tutti cristallini, noti per la loro onestà ed innocuità. Soprattutto con le loro ex compagne.

Stranamente, io mi imbatto in situazioni opposte anche quando non mi dedico alle mie letture orientate all’auto-indottrinamento femminista. Che strano. Io leggo queste donne, a volte se ne parla per quanto riguarda sentenze, a volte sono commenti rassegnati lasciati qui e là anonimamente in qualche forum. Leggo anche i loro nuovi compagni testimoniare di leggi usate come randelli contro ex che non si sono piegate e denunciare l’uso dei figli per continuare lo stalking.

Delle madri un po’ dappertutto adesso c’è la nuova moda di parlare solo male. Se una donna ha ucciso un neonato in Nuova Zelanda la notizia è riportata in Italia con la massima attenzione dei media. Se nello stesso giorno una povera pezzente è stata uccisa a botte dal compagno in Italia, se è fortunata avrà un trafiletto tre giorni dopo ( a meno che il compagno non sia un immigrato regolare o irregolare. Ormai sembra esserci tutto un tariffario di punti per le notizie: donna uccisa da italiano: 10 punti; donna uccisa da extracomunitario regolare: 100 punti; donna uccisa da extracomunitario irregolare: 500 punti. L’aggravante del credo islamico dell’aggressore aggiunge altri 500 punti e li toglie se per caso anche la vittima aveva la sfortuna di condividere lo stesso credo, quindi di avere sottoscritto una religione che, per i media, quasi autorizza alla violenza sulle donne, quindi uomo musulmano che ammazza donna musulmana vale di nuovo 10 punti, a meno che non serva come scusa per giustificare l’invio di truppe americane, allora varrà 1 milione di punti).

Non si strombazza in tv, non ci si riunisce in potenti lobbies, non si assumono calciatori come testimonials, né presentatori arcinoti per essere sempre stati dei latin lovers allergici ai rapporti stabili ma improvvisamente colpiti dalla voglia di prendersi responsabilità verso qualche giovane vita, non si ricevono sponsorizzazioni vaticane, anche e soprattutto perché la donna resta colei che, o sciagurata, ha causato la cacciata dal Paradiso. Perché mai dovremmo meritare di essere ascoltate almeno quanto gli uomini?

DDL 957 (a quelli che lo hanno scritto)| Andrea Mazzeo

 Direi di evidenziare questo passaggio: “bambini staccati precocemente dalle madri, da adolescenti e adulti presentano disturbi di personalità e altri gravi problemi di natura psichiatrica.”.

I sostenitori del condiviso senza se e senza ma obietteranno che non si parla di strappare i bambini alle madri ma di condividerli. Poi faranno sapere come riusciranno a condividere dei bimbi piccolissimi senza strapparli alle madri pur senza coabitare con queste e pretendendo la consegna dei pacc…ehm pardon…pupi per almeno 3 giorni alla settimana. Se l’età dei bimbo non conta, si faranno prestare dalle madri anche i seni per l’allattamento? Si procureranno balie da latte? Io ricordo di avere vissuto con madre e padre felicemente sposati e di essere stata solita fare i capricci per restare a dormire a casa di un’amichetta. Puntualmente, ogni notte, soffrivo da cani il disagio tremendo di non essere a casa mia con la mia mamma, che non ha mai fatto nulla per farmi attaccare a lei in maniera particolarmente morbosa.

Continuo a credere che ci siano cose nella natura umana che si chiamano “istinti naturali” e che regolano soprattutto la riproduzione. Non sono le “femministe” ad avere imposto alle donne il ruolo di madri e non sono neppure contraria alla condivisione ma non mi piacciono le leggi selvagge, che non tengono conto del benessere di tutti (n.d.r).

DDL 957 (a quelli che lo hanno scritto)

pubblicata dal dott Andrea Mazzeo, medico psichiatra, il giorno giovedì 16 settembre 2010 alle ore 23.45

    nopas2 Visto che ormai gli ingegneri si mettono a scrivere le leggi sui diritti delle famiglie, i pediatri danno numeri a noi psichiatri, i padri che non sanno fare i padri si mettono a fare i "mammi", mi sono chiesto: e se un modesto psichiatra si mette a studiare da giurista cosa ne viene fuori? Tra l'altro sono pure geometra, che non è la stessa cosa di essere ingegnere, lo so; oltretutto ho dei parenti ingegneri, qualcosa da loro potrei pure averla imparata.

    Ed allora ci provo; al massimo tirate la catena alla fine. Posso anche vantare, nel mio curriculum da giurista dilettante, la partecipazione ai lavori del progetto dell'On.le Burani di modifica della 180.

    Cominciamo dall'inizio, perché le cose si cominciano sempre dall'inizio eh! non sia mai che qualcuno voglia cominciare a costruire una casa cominciando dal tetto.

    Mi incuriosisce la lettera b dell'art. 1, con la quale l'ingegnere pretende di modificare il secondo comma dell'art. 1 della legge 154, ovvero l'art. 155 del Codice Civile (vedete che sto imparando? riesco già a non farmi capire).

    "Salvo quanto stabilito dall'art. 155-bis" (qui si vede l'ingegneria, prima ancora di mettere le fondamenta uno si preoccupa di come verrà il piano terra; da geometra non ci sarei mai arrivato), si legge: "L’età dei figli (e altro) non rilevano ai fini del rispetto del diritto dei minori all’affidamento condiviso".

    Lasciamo perdere "l'altro", mi preme soffermarmi su "L'età ... non rileva".

    Collega pediatra, nulla da obiettare in proposito? nessuna opposizione?

    Cazzo! E le ricerche di Spitz?

    Mi direte, e chi è questo Spitz, anche lui contro di noi?

    Fermi, non correte su Google a cercare "spitz", perché vi dà solo una splendida razza canina; cercate magari René Árpád Spitz.

    Psicanalista, concentrò i suoi studi sui bambini staccati precocemente (6-8 mesi) dalle madri, scoprendo che questi bambini si ammalavano di una grave forma depressiva, che lui chiamò depressione anaclitica, in seguito alla quale potevano anche morire. Studi longitudinali hanno poi mostrato che bambini staccati precocemente dalle madri, da adolescenti e adulti presentano disturbi di personalità e altri gravi problemi di natura psichiatrica.

    Di Anna Freud penso avrete sentito parlare; figlia di Sigmund Freud, psicanalista, si dedicò allo studio dei bambini, facendo anche lei scoperte interessanti.

    E Melania Klein?

    E Karen Horney?

    E Margaret Mahler? La Mahler, grandissima psicanalista ungherese, ha scoperto che se la fase di separazione-individuazione del bambino dalla madre non si svolge in maniera fisiologica, secondo i tempi necessari (24-36 mesi), possono svilupparsi psicosi infantili precoci (per vostra opportuna conoscenza, presenti nel DSM come Disturbi Generalizzati dello Sviluppo).

    Ma avete ragione, ho citato già troppe donne e voi cominciate a vedere rosso.

    Che ne dite di Winnicott e della sua teoria della relazione oggettuale? non vi piace?

    Parliamo di Bowlby, allora? le sue teorie sull'attaccamento? roba vecchia? mica tanto, leggete qualcosa ogni tanto, e che diamine. La genetica, meglio l'epigenetica, sta dimostrando che i diversi stili di attaccamento possono addirittura influenzare l'espressione dei geni a livello cerebrale; di recente ne ha parlato pure la Montalcini. Lo so anche lei è una donna; ma ne parlano anche gli uomini di queste cose, sforzatevi di leggere un po'. La cultura mica uccide.

    Secondo voi, che non siete né psichiatri, né psicologi, né psicanalisti, né neuropsichiatri infantili (le competenze conteranno pure, ancora, qualcosa in questa Italia che sta andando a rotoli) dovremmo buttare a mare tutte le ricerche psicanalitiche degli ultimi 100 anni per le teorie bislacche di un ciarlatano (chi si spaccia per professore universitario senza esserlo può essere definito solo così) e che non ha mai capito nulla di sviluppo psicologico infantile? Sì, perché solo i seguaci di Gardner possono pensare di intervenire in questo modo barbaro nel Diritto di famiglia.

    "Sutor ne ultra crepidam", dicevano gli antichi.

    PS

    Se non capite quest'ultimo concetto potete sempre usare il traduttore automatico di Google.

Facebook | DDL 957 (a quelli che lo hanno scritto)

In direzione ostinata e contraria.Appello del Centro Lanzino « Sud De-Genere

Agghiacciante la situazione dei centri antiviolenza in Calabria, aggravatasi con la chiusura della casa-rifugio del centro Roberta Lanzino di Cosenza, a corto di fondi mentre centri privati di matrice cattolica ricevono finanziamenti pubblici e si “specializzano” lentamente, senza esperienze pregresse. Possibile che centri antiviolenza e consultori stiano diventando terra di nessuno, che non ci siano voci a levarsi in loro difesa, che gruppi autarchici di femministe in eterna competizione si chiudano tra le loro quattro mura, convinti che vada tutto bene, convinti che si sia ancora in pieni anni ‘70, piuttosto che scendere in piazza a mobilitare contro i diritti che ci vengono strappati giorno dopo giorno?

Possibile che le madri e le donne perdano voce e credibilità, scalzate giorno dopo giorno dall’aggressività di associazioni maschiliste, unite ad associazioni per i padri e ad associazioni di orientamento cattolico e che le uniche a rappresentare l’immagine femminile siano soubrettes, veline e presentatrici televisive?

 In direzione ostinata e contraria.Appello del Centro Lanzino

settembre 17, 2010

di suddegenere

Atterrita, turbata, confusa, avvilita……..

Della situazione dei centri antiviolenza in Calabria ne abbiamo un’idea abbastanza chiara (qui).

Sappiamo per certo che fino allo scorso anno il centro Roberta Lanzino di Cosenza era l’unico centro in Calabria, aperto da vent’anni e facente parte della Rete Nazionale dei centri antiviolenza, in grado di poter garantire tutto cio’ di cui  una donna che decide di rompere il muro del silenzio ha necessità (dal centralino attivo 24 ore su 24, al sostegno psicologico, all’ospitalità per donne e bambini, alla consulenza legale, ma soprattutto ad occuparsene solo donne, altamente qualificate e formate).

Sappiamo che lo scorso anno la Regione Calabria ha finanziato sei nuove associazioni “che si occupano di violenza alle donne”.

Ma in che modo se ne occupano, si sa?E da chi sono gestite queste associazioni?

A Catanzaro, ad esempio, ad avere i contributi regionali è stata la Fondazione onlus Città Solidale,costituita dall’Arcidiocesi di Catanzaro, e dunque come da statuto: “fedele ai principi ispiratori della Caritas ed alle sue finalità pedagogiche e pastorali“. La Fondazione Città Solidale, fino allo scorso anno non si occupava di violenza alle donne, ma ha iniziato la sua attività facendo assistenza e recupero di minori a rischio di devianza, successivamente ha ampliato la gamma dei “servizi”.

Il Lanzino di Cosenza non è UN centro antiviolenza calabrese, come ho avuto modo di leggere oggi, ma è IL centro antiviolenza presente in Calabria. Presente a metà, senza cioè  la Casa Rifugio da giugno.

“««Alla fine di giugno abbiamo chiuso la nostra Casa Rifugio per donne in difficoltà. Non per scelta dettata da nostra incapacità o svogliatezza o dalla mancanza di donne necessitate. Purtroppo abbiamo chiuso la Casa Rifugio per mancanza di fondi». E così una delle strutture più importanti impegnate nel contrasto alla violenza sulle donne e intitolato a Roberta Lanzino (in foto), la studentessa cosentina violentata e uccisa nel luglio 1988 mentre stava andando con il suo motorino a Falconara Albanese, sul Tirreno cosentino, chiude i battenti. La nota arriva proprio dal Centro contro la violenza alle donne Roberta Lanzino: «Per scelta, invece non lo abbiamo comunicato ai media. Scelta pensata e meditata a favore di tutte quelle donne in procinto di denunciare, pronte a rompere il muro del silenzio. Le avremmo impaurite, lasciate sole, non accompagnate nel difficile percorso di uscita attraverso un’accoglienza rifugio volta al loro rafforzamento e a mettere loro in sicurezza; abbiamo evitato di comunicarlo nella stagione estiva sempre troppo ricca di episodi, non certo sporadici, di maltrattamenti e violenze dentro e fuori le mura domestiche. Il nostro cellulare di emergenza ha continuato a squillare nei mesi di luglio e agosto e noi abbiamo continuato a rispondere, pur da volontarie, cercando di far sentire meno sole e di indirizzare le donne in difficoltà». «Hanno chiamato anche assistenti sociali e psicologhe dei consultori della provincia di Cosenza, di Catanzaro, di Crotone – è scritto ancora nella nota – chiedendo un posto sicuro per donne che subivano violenza e avevano bisogno di allontanarsi immediatamente con i loro figli minori. Abbiamo risposto, e ci dispiace, che la nostra casa non è più disponibile; abbiamo fornito loro i numeri di telefono di centri di accoglienza fuori della Calabria che hanno qualche disponibilità, pur sapendo come sarà difficile per queste donne spostarsi dal loro ambiente e dai loro legami. I pochi Istituti religiosi della nostra regione che hanno la possibilità di ospitare donne con minori hanno sempre poca disponibilità e non riescono a gestire l’emergenza. Del resto le istituzioni regionali, provinciali e comunali ben sapevano delle difficoltà economiche del Centro e non sono riuscite, o non hanno voluto, sostenerlo». «E’ vero, la cultura del rifiuto della violenza, della denuncia dei soprusi – riporta ancora il documento – comincia, seppur con difficoltà e lentezza, a farsi spazio tra le donne di Calabria; il rischio che intravediamo è quello dell’inerzia delle istituzioni che, poco attente e vigili, non si adoperano per sostenere e valorizzare quei luoghi, quelle strutture di accoglienza, dove le donne possono rifugiarsi in sicurezza, per riprendere in mano la propria vita. Una Legge Regionale (n. 20 del 21 agosto 2007 ‘Disposizioni per la promozione ed il sostegno dei centri di antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficolta») ha finanziato per un anno sei nuove associazioni che si occupano di violenza alle donne. Quanti ancora funzionano, quali possibilità hanno di continuare la loro attività? Chiediamo agli amici giornalisti di farsi carico di questa indagine. Non vogliamo che la cultura del riconoscimento della violenza di genere e della sua lotta sia un fatto puramente formale e di immagine. Per questo chiediamo alle istituzioni di manifestare reale interesse per affrontare e cercare di porre rimedio ai gravi problemi sociali connessi con la violenza alle donne». «Per finire una rassicurazione: il Centro contro la violenza alle donne Roberta Lanzino – conclude la nota – continua ad offrire la sua prima accoglienza in sede e le sue consulenze legali, psicologiche, ginecologiche, la sua attività formativa per le scuole e per gli operatori dei servizi; almeno fino ad esaurimento fondi. Di certo non possiamo più ospitare le donne in grave pericolo nella Casa Rifugio. E non è poco».(fonte)

Della r-esistenza quotidiana delle donne del centro Lanzino e di come siano riuscite, nonostante tutto e tutti (!), a far VIVERE il centro e quindi ad aiutare concretamente moltissime donne grazie alla loro lotta senza sosta ce ne aveva già parlato Antonella Veltri qui.

Mi unisco all’appello fatto dalle donne del Centro Lanzino  e chiedo a tutte le donne e a tutti gli uomini di fare altrettanto, augurandomi che chi lavora per giornali ed emittenti radiotelevisive dia risalto e si occupi della notizia ma soprattutto che le Istituzioni comprendano la gravità della chiusura della Casa Rifugio del Lanzino e l’enorme danno all’intera comunità che  una eventuale chiusura del Centro stesso comporterebbe.

FACCIAMO LA “CONTA”!

 A Sud, Violenza di genere

In direzione ostinata e contraria.Appello del Centro Lanzino « Sud De-Genere

Quando mancano gli argomenti ci si appiglia alle parole. E ci si sbaglia!

Come volevasi dimostrare, alla accorata lettera di Stefania Cantatore dell’UDI Napoli che faceva appello all’abbassamento dei toni ed alla ragionevolezza,  hanno risposto i soliti personaggi che sembrano essersi arrogati il diritto di guidare il movimento dei padri separati su Facebook ed in rete. I soliti personaggi che non hanno assolutamente colto il senso della lettera ma hanno reagito con stizza, rabbia, sentendosi piccati. Coda di paglia?

Ecco prodotta, quindi, questa perla in risposta: http://www.comunicazionedigenere.it/2010/09/17/messaggio-per-la-sig-ra-stefania-cantore-delludi-di-napoli-che-mette-in-guardia-dal-commettere-il-reato-di-associazione-a-delinquere-di-stampo-ideologico-che-non-esiste/

che accuserebbe Stefania Cantatore di essersi inventata un reato.

L’abitudine di chi ha creato già il sito www.comunicazionedigenere.it onde sostituirsi a questo spazio preesistente http://comunicazionedigenere.wordpress.com/ e, quindi, perseguire le finalità di copertura della voce femminile e negazione della discriminazione sessista contro le donne, resta quella di volersi sostituire a tutti.

Chi gestisce quel sito, infatti, è stato letto improvvisarsi giornalista, avvocato, giurista con il solo scopo di ergersi a tribuno del popolo dei padri separati ed immagina che anche gli altri facciano lo stesso, cioè che si sentano magistrati e sparino sentenze definitive.

Non è così. Avendo Stefania Cantatore lanciato un grido d’allarme verso l’atteggiamento estremo e pericoloso di certi soggetti, non intendeva affatto configurare dei reati precisi, come qualcuno vuole far credere, ma semplicemente avvertire di un rischio generico del configurarsi di una certa attività come probabile “terrorismo”. Eh sì, perché è proprio spargere inutile terrore che certe persone fanno. Il messaggio era “fermatevi o fermate questi istigatori all’odio prima che si verifichino grossi danni”. Difatti, non a caso era stata da lei citata l’istigazione a delinquere (ma anche l’istigazione all’odio razziale è stata ipotizzata da altri soggetti ben più preparati, alla lettura di certe informazioni).

Non intendeva, quindi, lanciare accuse di precisi reati ma configurare UN RISCHIO di sobillazione degli animi nei confronti delle donne. Un rischio che si avverte con netta decisione quando ci si affaccia su pagine facebookiane che abusano di titoli e veicolano contenuti del tutto opposti al “No alla violenza sulle donne” sbandierato. E non servono a nulla le note in cui si cerca di dare delle spiegazioni ardite alla incoerenza dei contenuti delle pagine con i loro titoli, spiegazioni degne del più disperato arrampicatore di specchi al mondo.

Quindi, nel tentativo di disarmare, ridicolizzare l’appello della Cantatore, soggetti con la coda in fiamme si sono messi a loro volta in ridicolo.

A parte il fatto che utilizzare pagine allo scopo di ingannare gente non è esattamente corretto e legale e non consente di additare il prossimo (sempre valido il principio di guardare la trave nel proprio occhio prima di additare la pagliuzza nell’occhio altrui) ma cos’è l’abuso della credibilità popolare? Vuol dire abusare del fatto che il popolo possa essere credibile?

credibilità

Ecco, allora rinnovo il mio invito, lanciato in passato, a non improvvisarsi avvocati e a non accompagnarsi a finti legali laureati all’asilo Mariuccia e rilancio: magari anche tornare a scuola e studiare l’italiano non sarebbe male.

Non c’è, infatti, neppure la necessità di un avvocato per capire che non si tratta di “abuso della credibilità popolare” ma di “abuso della credulità popolare”.

Un reato che certe persone dovrebbero conoscere bene ed è il reato per cui, di solito, vengono condannati santoni, cartomanti e pure qualche falso profeta. Vediamolo.

Art. 661 Abuso della credulità popolare 
Chiunque, pubblicamente cerca con qualsiasi impostura, anche
gratuitamente, di abusare della credulità popolare è punito, se dal fatto
può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, con l’arresto fino a tre
mesi o con l’ammenda fino a lire due milioni.”

Eh, sì. Noi lo avevamo detto che per certe persone il popolo non ha credibilità, cioè abbiamo sempre avvertito un certo disprezzo dell’intelligenza del prossimo in certi metodi da marketing pubblicitario e inganno mediatico utilizzati da alcuni sedicenti difensori dei padri separati per procurarsi un seguito.

Il mio accorato appello ai movimenti dei padri separati, dunque, è a lasciar perdere soggetti esagitati, mancanti di autocontrollo al punto da gettarsi a scrivere la prima cosa che viene loro in mente. Questi soggetti stanno rovinando finalità e metodo di una protesta che, inizialmente, era condivisibile e che ora comincia a prendere pieghe rischiose.

Non saranno i numerosissimi passi falsi di “teste calde” estremamente ideologizzate verso un maschilismo ed una misoginia aggressiva, belligerante ed irrispettosa, mancante d’ogni minima forma di correttezza, di fair play e di rispetto anche verso il singolo individuo, ad aiutare la causa dei padri separati