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giovedì 7 ottobre 2010

Sarah, perdonaci

 

sarah-scazzi-2-300x225 è avvenuto stavolta, è avvenuto lo stesso fenomeno poche altre volte. La maggioranza delle volte scorrono sotto il nostro naso sotto la forma di insignificanti trafiletti di cronaca. Poche righe stilate presto e male da un frettoloso cronista che sbaglia età, nomi, luoghi, modalità. Di rado avviene che siano così eclatanti da accendere i riflettori e allora, pian piano, i dettagli di perfezionano, si modificano, capisci che l’età era completamente diversa, i nomi erano confusi tra loro, le modalità imprecise e si iniziano a delineare i moventi. Poi i più sensibili di noi restano a chiedersi “Sarà andata proprio così? Come mai è successo?”, i più sconsolati e passivi ringhieranno tra i denti un “Basta con la violenza!”.

Invece, stavolta, l’abbiamo vissuta. L’abbiamo conosciuta, Sarah (aggiungo la “h” finale al suo nome perché era lei a volerlo così, per sentirlo meno provinciale), abbiamo spiato nel suo diario, nella sua vita, nella sua cameretta, nella sua famiglia, sappiamo che le piacevano gli animali, che il suo idolo era Avril Lavigne, sappiamo tantissimo di lei.

Ogni giorno rovistavamo nei quotidiani in cerca di notizie, nella speranza che non si fosse affidata incautamente, ingenuamente, a mani nemiche. Ci eravamo convinti che fosse troppo fiduciosa, che avesse troppa voglia di crescere. Temevamo chissà quale bruto nascosto nelle pieghe dei social network, pronto ad approfittare di ragazzine di provincia come lei.

A grandi linee, gli orrori su donne e bambini si assomigliano tutti. Altre volte cadaveri semisvestiti e semidecomposti nei boschi erano stati traditi dalla mano nota di un familiare. Altre volte abbiamo letto dei sogni spezzati, delle vite sottratte per i pochissimi minuti del possesso di un corpo. Sappiamo bene, ormai, cosa significa essere rapiti da un rapace umano che vuole solo togliersi lo sfizio di possedere un corpo. Un corpo. Nient’altro perché chi vuole possedere la tua mente cerca di farti innamorare e passa le ore a parlarti, a perlustrare i tuoi pensieri.

Cos’ha quest’orrore di diverso? Perché ci colpisce tanto? Perché Sarah è stata sottratta a tutti, perché ci eravamo affezionati, perché ci sembrava di vederla pettinarsi e ballare per la stanza, scherzare con gli amici, scrivere sul diario. Poi ci colpisce che quel visetto grazioso, grazioso ma normale, quella normalità assoluta da ragazzina della porta accanto, siano stati vilipesi, violati, calpestati all’inverosimile.

Io fantastico come davanti ad un percorso a bivi, come in Sliding Doors: se non avesse accettato di scendere in cantina, se si fosse girata ed avesse mollato un calcio allo zio per prendere il tempo per scappare, se avesse parlato alla mamma, magari avrebbe continuato ad andare al mare, ad uscire con gli amici adulti della cugina, a socializzare su Facebook, a studiare all’istituto alberghiero ed a sognare il giorno in cui sarebbe andata via da Avetrana per  iniziare la sua vera vita.

Nulla di tutto questo. Uccisa per la solita brama del possesso del corpo. Uccisa per essere usata in fretta, prima di diventare fredda e rigida. Gettata in una buca come un vecchio ramo secco, in ammollo nell’acqua per 42 giorni. Corpicino denudato, privato di ogni rispetto, di ogni dignità, di ogni mistero. Depredata ed offesa all’inverosimile. Calpestata dalle illazioni di articoli grondanti misoginia che la descrivevano come furba, pianificatrice senza cuore, leggera, un po’ facile. Calpestata da inutili idioti che si credono in qualche modo arcano intellettualmente superiori perché hanno aperto pagine su Facebook in cui hanno dipinto addosso a lei, vergine derubata di tutto, forse anche del primo bacio, dalle mani sozze di un contadino cinico ed spietato, un inverosimile personaggio da ninfomane. Calpestata da inutili idioti che covano un odio senza fine per il genere femminile al punto di infangare perversamente la memoria di quella che era poco più di una graziosa bambina bionda.

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Scusaci.

Non abbiamo saputo difenderti. Noi, che sappiamo da sempre che la famiglia non è il paradiso, che non è il luogo di ricovero da tutti i mali del mondo e che è sempre successo che sguardi, mani avide abbiano sfruttato piccoli giovani corpi per pochi minuti di incontrollata libidine, non abbiamo gridato forte abbastanza.

Non abbiamo preteso che l’ipocrisia cessasse, che si insegnasse ai bambini come difendersi. Non abbiamo lottato per chiedere la fine della turpitudine patriarcale che sottopone donne e bambini all’avidità di indegni “capifamiglia”. Non abbiamo fatto abbastanza. Contiamo le vittime e ci indigniamo ma non sappiamo volgere la nostra indignazione in battaglia. Ci culliamo nel poco che abbiamo, convinti che vada tutto bene. Non abbiamo puntato i piedi per terra per chiedere una seria tutela, vere leggi, la certezza della pena. Ci siamo soffermati su fatti relativi come il sessismo delle desinenze o lapidazioni mai neppure comminate, frutto di propaganda e armi di distrazione di massa mentre tu e tante altre al mondo morivate davvero nei modi e per i motivi più inaccettabili. E perdona i giornalisti sciacalli che hanno scritto pagine e pagine sulla tua presunta scarsa serietà o sulla freddezza della tua meravigliosa mamma. Hai una mamma che è sempre rimasta lucida e pratica, che non si è persa nella recitazione della disperata passiva, stereotipo misogino al quale vorrebbero relegare qualsiasi altra madre. Una madre così era una madre su cui contare nelle difficoltà e, infatti, lei pensava a come fare per ritrovarti, non se ne stava a piangere e nutrirsi di appelli illusori ed inutili a favore di telecamera. Escogitava strategie come un generale in guerra, come ogni vera donna dovrebbe essere. Forte. Dignitosa. Perdona gli idioti senz’anima, gusci vuoti che vagano insultando a vanvera per dare un senso alle proprie vite. Perdona i negazionisti falsabusologi maschilisti che hanno insinuato che tu fossi andata via di proposito e senza un briciolo di pena per il dolore che ti saresti lasciata dietro, che ogni responsabilità fosse tua e che dipingono il “padre di famiglia” come una figura perfetta, apollinea, infallibile e ingiustamente infangata. Perdona i religiosi che non hanno speso una sola parola per te, piccola donna. Perdona chi ha messo sulle tue spalle e sulle spalle di ogni donna una croce che portiamo da millenni e ci apprestiamo a trascinare per altri millenni per il solo fatto di suscitare desiderio sessuale che uomini involuti non sanno controllare. Perdonaci per non averti protetta, difesa, per non avere davvero cambiato le cose, Sarah.

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